29 novembre 2002




Chissà se la notte, adesso, ha già deciso che sogni mi regalerà domani, tra un'ora, tra un minuto.
Credo che fuori stia piovendo, ma da quassù il mondo fuori sembra immobile, fermo, evaporato e deserto.
Ascolto gli U2.
Davvero, se potessi restare la notte potrebbe anche essere abbastanza.
Ma non solo una notte. Non mi accontento di una.
Non mi accontento mai in niente.

@1:24:00 AM - permalink - 0 commenti






Pare che il discorso del Bossi sia stato l’ennesima dimostrazione che è nata una stella, che possiamo finalmente dimenticarci Macario e Walter Chiari e riporre le nostre speranze nell’Umberto. A quanto pare – ipse dixit – i Mille che fecero quel giro turistico con quel tipo coi baffi erano quasi tutti bergamaschi e bresciani. Ignoro come siano finiti dalle parti del mare, ma fa lo stesso. Pare inoltre che in America non si sia mai combattuta una guerra di secessione e che in parlamento ci sia qualcuno - la palude centrista - che va in giro a fare dichiarazioni razziste sul Nord. Pensate. A parte il fatto che mi sfugge se questa palude centrista sia una conseguenza degli straripamenti di questi giorni, mi viene spontaneo pensare che il Bossi ministro delle Riforme è come un maniscalco che apre una vetreria, un macellaio in un negozio di animali, un piromane in una fabbrica di fuochi d’artificio.
Un comico in una banda di guitti.

@1:08:00 AM - permalink - 0 commenti






Prima ho cantato un po’.
Mentre iTunes passava una dopo l’altra le sue canzoni. Ho provato. Ho provato a combattere il freddo con qualche canzone. Non so se è servito.
Qui sotto, nella Cantina dei Pensieri Confusi, fa sempre un po’ freddo. E non sempre serve la musica.
Oggi, ad esempio, è servita a poco. A poco se non a farmi capire – come se non lo sapessi? – che quando mi sento così, è come se avessi la pelle più sottile. Come se fosse trasparente, come la realtà.

@1:08:00 AM - permalink - 0 commenti






In uno dei suoi romanzi più belli King racconta che siamo capaci di affrontare solo una cosa alla volta e in realtà credo che sia vero. Il nostro multitasking è fittizio, come quello dei processori elettronici. È una simulazione, come se il nostro cervello fosse una gigantesca macchina virtuale, con delle pause, dei cicli di bus, dei cicli di CPU. Ilfatto è che la vita non ci permette di programmare.
La vita non è un programma perfetto. Non basta fare un algortimo e un flow-chart. Non basta prendre appunti su migliai di fogli di carta e vedere quello che succede. La vita succede da sé. Non c’è prevenzione che tenga. Solo reazione.
Io sto reagendo. È passato un autobus e mi ha spettinato i neuroni.
Solo che andava forte. E ancora non so se sono stato così rapido da prender giù la targa.

@1:07:00 AM - permalink - 0 commenti



28 novembre 2002




Aspetto. Penso. Scrivo. Programmo. Amo. Spero. Cerco. Grido. Rido. Piango. Frugo. Tento.
Respiro. Respiro. Respiro.
Vivo, forse. Almeno un po'.
Almeno provo.

@12:12:00 PM - permalink - 0 commenti






E' tornato a parlare il ragnetto. Peggio del grillo parlante. Chiacchiera chiacchiera e non sta mai zitto.
E la cosa peggiore di certi sussurri, la cosa peggiore di certe carezze nelle orecchie arriva quando pensi che abbia ragione. Quando riesce a insinuarsi dentro un dubbio, un tarlo. Sento qualcosa che mi mangia dentro, che mi morde, che scava scava scava e che cerca un'uscita.
Come se provasse a fare colazione pranzo e cena con le mie emozioni. Come se provasse a infettarle con un virus, un cavallo di troia. Ancora non ho capito cosa sia il boot che me lo mette in azione.
E purtroppo comincio a pensare che in testa mi giri una versione di Windows. E nemmeno troppo aggiornata.

@10:47:00 AM - permalink - 0 commenti






Quel raggio di sole continua a tagliare in due la mia nebbia.
Mi sembra che la temperatura si sia anche alzata.
A volte ho il cuore umido, come se piangesse. Ma non con un pianto liberatorio, piano piano. Come se la tristezza colasse lenta lenta fuori, una goccia alla volta. Un rubinetto spalato. A volte credo che la tristezza, la paura, l’ansia, funzionino proprio così. Si accumulano dentro, si tengono dentro forte e poi, quando la brocca non riesce più a tenerle, cominciano a gocciolare fuori. Forse chi ci guarda le vede anche, come le tracce di bagnato delle macchine, nei giorni di pioggia come questi.

Siamo gente strana da queste bande. Gente abituata a ridersi addosso, ma con sacche di silenzio profonde come può avere solo chi è nato in mezzo alla nebbia e a pochi chilometri dal mare. Siamo come i portici d’estate, che ti basta uscire all’aperto per sentire il sole, ma se ti metti sotto, all’ombra, allora fa quasi freddo. Siamo come piazza Santo Stefano in silenzio nei pomeriggi d’agosto, quando ti ascoltavo al telefono e mi sedevo sui gradini a sentire la tua voce mescolarsi al silenzio della piazza. E pochi metri più indietro il casino del centro.
Siamo fatti strani, da queste bande. Abbiamo un mare tristissimo e meraviglioso in inverno che diventa la fiera del kitsch in estate. Abbiamo una città che scoppia di caldo in agosto e che si può coprire di neve, come il 13 dicembre dell’anno scorso, poche ore dopo la mia proclamazione.
E anche noi siamo così, che la terra ti brucia il sangue e le ossa quando ti ci senti attaccato. Anche noi siamo così, figli di osterie che non ci sono più, a metà strada fra i videogiochi e i palettoni da spiaggia, fra Sailor Moon e Goldrake, fra il tresette e il videopoker, fra Dino Sarti e Cesare Cremonini.
Forse è per quello che ho il respiro un po’ malato di una nostalgia che non è nostalgia di niente. Solo di me e del mio sorriso.
Un sorriso che stanotte, prima di dormire, lasci attaccato sulla porta dei tuoi sogni.

@1:42:00 AM - permalink - 0 commenti






Mi è arrivata una meravigliosa email dove con la modica cifra di 25$ mi si GARANTISCE di riuscire a guadagnare circa un miliardino e mezzo in più o meno sei mesi. Una figata, direi. Chiaramente il meccanismo è la solita catena per cui il santo di padova è diventato famoso e probabilmente anche un po’ bestemmiato. Tu dai 5 dollari me che li do a lui che li da a un altro e alla fine torna indietro una bella bustona piena di dollaroni.
Pare che l’idea originale sia made in USA.
Vabbè che in Italia ci siamo votati Berluscaz presidente del consiglio, ma ci avete preso proprio per dei gonzi?

@1:23:00 AM - permalink - 0 commenti






Il vasetto di Nutello inavvertitamente comprato ieri è passato a miglior vita. L’ho immolato alla causa stasera, mentre rileggevo pezzi di un vecchio libro e tentavo, disperatamente, di dare un corso ai miei pensieri. Quando mi sno alzato per andare in cucina lui era lì, mi guardava, quasi implorante. L’ho finito senza pietà, come uno sgrassante per i piatti che rende giustizia a una teglia unta e bisunta. Non è stato un gran sforzo. E nemmeno un lavoro duro. Alla fine mi sono sentito un maiale.
Ma un maiale contento.
Se mi devo intossicare di qualcosa nutella è sicuramente la seconda cosa che sceglierei.

@12:21:00 AM - permalink - 0 commenti



27 novembre 2002




Abbracciami come un pensiero mai detto e una parola nascosta.

@5:23:00 PM - permalink - 0 commenti






Guardo fuori dalla finestra e vedo la nebbia.
Guardo dentro di me e vedo un piccolissimo spiraglio e fingo di non sentirlo e di non vederlo, per non illudermi. Preferisco stare sotto coperta ancora un po’ piuttosto che illudermi di aver attraccato e poi finire col culo a mollo. Che è già abbastanza umido fuori.
A un chilometro dalla mia finestra tutto si perde in una stranissima foschia. Come scolorito in un grigio senza tempo. Sembra venuto fuori da uno dei film che hanno segnato la mia infanzia folle, La terra dimenticata dal tempo. C’era una nebbia così nel posto in cui i dinosauri erano rimasti dinosauri e certe strane piante avevano una gran voglia di assaggiarti. A nebbia, a volte, la portiamo dentro. La porto dentro, chè anch’io sono uno strano fenomeno meteorologico.

La nebbia è la compagna ideale della paura. Paura dell’ignoto, di quello che non si conosce e che si ha paura di affrontare. Qualcosa che non è necessariamente brutto, ma che si teme.
L’isola di King Kong è avvolta nella nebbia. Arriva la nebbia su Antonio Bay prima del vascello fantasma in The fog. E sconfiggere i fantasmi venuti a succhiarti quel po’ di sangue che ti resta è molto diverso che abbattere a fucilate uno scimmiotto di cui non si capisce l’incredibile felicità.
Ma c’è sempre nebbia. Nebbia che arriva nascondendo i suoi segreti, un cappello a cilindro da cui non sai se uscirà un congilio bianco – segui il bianconiglio segui il bianconiglio Alice… - o uno strano essere deforme. Ma sai che la mano nel cilindro bisogna metterla. A costo di mordere. Per questo vago con una strana e malinconica dolcezza in mezzo alla mia nebbia.La guardo, la annuso, ascolto i rumori che mi restituisce attutiti e atoni, provo a capire che cosa sia e cosa si nasconda dentro.
Cerco il bianconiglio e magari so anche dove sta, di che colore ha gli occhi, come muove le mani e le labbra, che suono ha la sua voce alla mattina e alla sera.
O magari sono io il bianconiglio, chi lo sa.
Segui il bianconiglio Alice, segui il bianconiglio.
Seguilo sempre.
Sempre.

@2:30:00 PM - permalink - 0 commenti






Ciò che si ha gratis non si apprezza dice Berlusconi parlando della vendita dell’Alfa da parte della FIAT. Direi un buon metro di giudizio e una sintesi del suo pensiero. Forse è per questo che pagava i giudici per avere sentenze favorevoli?

@2:06:00 PM - permalink - 0 commenti






Se è vero che chi dorme non piglia pesci allora posso aprire una pescheria.
E intanto piove...

@9:44:00 AM - permalink - 0 commenti






La magia di una frase brevissima. Due periodi spezzati da un punto.
La semplicità è tutto e dura un attimo. Come il lampo in un temporale. Giusto il tempo di accorgerti che c’è.
Giusto il temp ti capire cosa stai leggendo. Una parola via l’altra, una sillaba via l’altra e poi dentro, ancora di più, nelle lettere. Qualcos che passa dagli occhi, ti scivola addosso e lascia attaccato un rimasuglio, una certezza o una speranza. Un’emozione.
Le parole sono un po’ come le lacrime e le risate, come le carezze, come i pugni. Le parole ti colpiscono, ma proprio fisicamente e sono esattamente come chi le pronuncia. Si scrive come si vive. Se sei falso nella vita, allora lo sono anche le tue parole. Se prometti e non mantieni, se fingi di essere e non sei, se illudi e poi scappi, nelle paroe si vede. Perché sono vive.
Forse è per questo che le tue parole mi piacciono ed ero serio quando ti ho detto quella roba che te hai cacciato subito in vacca. Serio, serissimo.
E te lo sai.
Perché dalla tua sintesi estrema e dal rigore delle lettere gocciola, scintilla dopo scintilla, la fame di emozioni che ti scoppia dentro.
E io inizio la mia notte sperando forte come un temporale, di essere a bordo per poterla sfamare in ogni modo.

@1:21:00 AM - permalink - 0 commenti



26 novembre 2002




Le parole giocano stranissimi effetti. A volte hanno anche magie strane, proprie, quasi impercettibili. A volte urlano, a volte sono quasi invadenti, eccessive. A volte mancano.
Finirà che le parole saranno davvero il mio mestiere e allora come la metterò? Adesso, davvero, non so cosa pensare. Non so come pensare, che la testa mi viaggia in direzioni diversissime fra di loro e tutte strane, tutte storte, arrotolate come un gomitolo senza bandolo. Aggrovigliate come i nodi che si formano nella lana dei cuscini e che dicono portino una gran sfiga.
Ma io non credo alla sfiga, non credo alla sfortuna. Credo alla forza delle persone e a maggior ragione stasera che mi sento in astinenza. E ne conosco bene i sintomi. Conosco cosa significa quel crampo che ti prende alla bocca dello stomaco in notti strane e lunghe un po’ troppo umide. Lo so cosa vuol dire quando qualcosa ti chiama e sembra darti la soluzione a tutti i tuoi problemi. Solo che poi scopri che non te la dà. Solo che poi scopri che è proprio il problema. Quel richiamo lì. La conosco quella sensazione.
Vale per tutto. Vale per la cioccolata, che stasera ho il frigo vuoto e mi pare di diventare matto. Vale per la coca o per l’ero. Vale per i brutti pensieri, quelli che non ti lasciano stare, quelli che ti fai da solo e che nascono, crescono e si nutrono di quello che non vuoi, fino a farti credere che sia giusto.
In fondo siamo tutti un po’ cannibali. Solo che anziché mangiare gli altri, finiamo spesso per nutrirci di noi stessi.

@11:49:00 PM - permalink - 0 commenti






Sono una zia, una maledetta zia con i gambaletti, la copertina a quadretti e il gatto sulle ginocchia. Sono una meledetta zia perché se rileggo certe cose a distanza di anni (quanti? Un tot) e mi sento dentro qualcosa che assomiglia all’Etna quando decide di far prendere aria alle sue budella, allora sono diventato una zia. Tra qualche giorno comincerò a metermi i bigodini. Avrò un bel paio di pantofole di flanella col pon pon e comprerò un canarino e un gatto che si odieranno disfandomi la casa e che chiamerò Jerry e Titti perché ho fantasia. Programmerò il video per registrare un posto al sole e Sentieri con i personaggi della prima serie che sono già tutti morti almeno due volte.
E per fortuna che non sono capace di lavorare a maglia. Come? Già, è vero: si può sempre imparare.

@11:47:00 PM - permalink - 0 commenti






Somewhere over the raimbow skies are blue dice la canzone e io ci credo. Anche in momenti come quelli di questi giorni. Anche con quel ragnetto nel cervello che parla parla parla.
C’è silenzio, troppo silenzio. Come un rumore di passi che non so da dove parte e non so dove arriva. Come qualcosa che mi scuote.
Lo stesso sapore in bocca di quando da cinno mi davano la limonata quando stavo male.
Senza zucchero, così, liscio e busso.
Somewhere over the raimbow there’s a land that I herd once in a lullaby dice la canzone e magari è vero. Anche se ho la bocca acida e fuori non si sente nemmeno più il rumore deella pioggia. Ho le mani incredibilmente secche in questi giorni, come se anche quelle, oltre ai pensieri si fossero bloccate. Come se anche loro risparmiassero forze. Come se anche loro fossero dalla mia parte, in qualche modo.
Somewhere over the raimbow bluebird fly dice la canzone e può essere. Uccelli blu oltre l’arcobaleno. Blu. Come non ce ne sono, che anch’io sono un animale strano.
Somewhere over the raimbow skies are blue dice la canzone e io ci credo. Chissà se ho abbastanza luce dietro e se la pila è abbastanza forte. Chissà se ho abbastam luce dietro. Se ho abbastanza luce dentro.
Una volta una suonata mi disse che ero sufficientemente suonato per lei.
Magari aveva ragione

@11:42:00 PM - permalink - 0 commenti






Di nuovo la musica, socmel. Di nuovo la musica che gioca, che scherza e di nuovo canzoni un po' stupidine che mi fanno pensare.
Oggi è il buon Robin Williams. Comincio a pensare male delle mie facoltà mentali. E si sa, io e il mio neurone non ci frequentiamo molto ultimamente. L'altra notte l'ho beccato in frigo che cercava di spazzolarmi i gianduiotti e l'ho messo in castigo. Dev'essere stato lì che sono cominciati i momenti bui.

Ci sono dei momenti in cui mi sembra di affogare. Sono momenti lunghi lunghi, che sanno di polvere che esce dai cassetti e viene a rovistarci dentro. Sto sott'acqua e l'acqua mi si infila nelle orecchie, nel naso, nei pori della pelle e dopo un po' non respiro più. Sono sott'acqua, la pancia che sfiora la sabbia e scivola, la luce che filtra dal pelo del mare. La vedo, quasi la tocco. Ma non la sento. Eppure so che basterebbe poco.
Ci sono momenti in cui ho l'impressione di avere i pensieri schiacciati sotto a un cuscino. Compressi, come in una morsa. Pensare mi fa quasi male. Dovrei leggere e faccio fatica. Come fosse un velo che non mi fa vedere i colori. Come fossi un pittore daltonico cerco la tinta migliore senza distinguerle.

Ho anche momenti così. Te la chiami vena crepuscolare. Mi sento un po' come Pacino in Insomnia. Non vorrei davvero che tutti mi vedessero buono come non sono.

@6:50:00 PM - permalink - 0 commenti






Sono impegnativo anche per me stesso. Ma sono sincero, sono vero, coraggioso, creativo, malinconico, stronzo. Sono fanciullo e molto più adulto di tanti altri. Sono folle e gioco con le parole. Sono forte e capace di difendermi e a volte solo come la prima stella della sera in una notte di luna piena. Non sono banale, sto composto a tavola e conosco il vino e il franceese. Non sporco, non puzzo, bestemmio poco e solo per buoni e ben documentati motivi. Mi hanno detto che faccio sesso, ma di questo, credetemi, non ho mai capito le ragioni. Due giorni fa una famosa vocee della notte della radio italiana mi ha detto che ho una bella voce. Ma ho riso. Ero lì per una canzone, non per parlare di me stesso.
Perché questa autopromozione? Perché la mia autostima è una lavativa e mi tocca darle una mano. Perché ho buttato la pala poco prima di scavare la fossa e ho pensato che valga la pena lottare lottare lottare. Perché guardandomi negli occhi, prima, mentre mi lavavo la faccia, ho visto un verde che conosco e ho pensato che forse un giorno, quello stesso verde dovevi averlo visto anche tu. E che se è ancora lì, se c’è anche oggi, allora forse qualcosa vorrà dire.
Magari che sono ancora cpace di guardare in fondo a un cuore e fra le pieghe di una pelle.
Magari che sono ancora capace di guardare in fondo al tuo meglio di chiunque altro sulla faccia della terra.

@12:36:00 AM - permalink - 0 commenti






Quando un amico ti dice ti voglio bene cosa gli devi rispondere? Quando ti ha sentito piangere tutto quello che hai e ridere fino a stare male e bestemmiare ogni cosa e ogni momento. Quando ti ha preso in spalla mentre stavi male e si è fatto guardare negli occhi subito dopo aver rpeso in testa un tir, cosa gli devi dire?
Io non ho saputo dirti niente, M. Non ho saputo dirti niente.
E quello che volevo dirti sta tutto in queste poche, piccole, uniche righe.

@12:19:00 AM - permalink - 0 commenti






C’è stato un momento, stasera, un piccolo e brevissimo istante fra le nove e le dieci e mezza, in cui ho pensato di chiudere questo posto. C’ho pensato, davvero ed è buffo. È buffo perché in fondo ho cercato di scacciare via per un sacco di tempo una strana malinconia di fondo, una solitudine che mi tiene compagnia da un sacco di tempo. E questo era e probabilmente è il posto giusto per farlo. Però c’avevo pensato. Avevo anche buttato giù fra un neurone e un altro, un ultimo faticosissimo post. Faticosissimo, ma brevissimo. Come editor ne saresti stata fiera.
Poi non l’ho fatto. Ho seguito il mio istinto, che è uno strano animale e mi sussurra strane cose. Mi sussurra strani pensieri in questi giorni. Strani davvero. Non bellissimi da pensare, né da vivere. D’altra parte lo conosco, quel gran figlio di puttana. Siamo coinquilini da oltre 30 anni.
Ma alla fine non ho chiuso la saracinesca.

@12:16:00 AM - permalink - 0 commenti






Venendo a casa dal lavoro, con un mal di testa insuperabile più del tonno che mi trapanava la testa, ho pensato a una passeggiata sulla spiaggia, di sera, che ho fatto ad agosto. La sabbia era tiepida e sembrava lunghissima. Fossi stato più megalomane avrei cercato di camminare sull’acqua, tanto era calma. Ecco, avrei avuto bisogno di quel silenzio. Lì, in quel momento, a bagno nel casino dei viali anziché nell’adriatico. Avrei avuto bisogno di quella precisione, della nitidezza con cui ricordo di aver pensato una cosa mentre camminavo, pochi secondi prima di decidermi a girare le chiappe e a rimetterle a sedere sul maggiolone. Prima di rifare in silenzio l’autostrada verso Bologna e vedere il cielo diventare un’altra notte d’estate.
A volte mi succede con le sensazioni. A volte sono così precise, così distinte che posso quasi vederle. Allungo una mano e forse le tocco anche. Sensazioni. Sensazioni allora e sensazioni oggi. Una sensazione allora e una sensazione oggi, diverse, eppure lo stesso identico rimescolamento, la stessa identica centrifuga emozionale. Eppure mi tocco la pelle e mi sembra diversa. Più liscia. No, niente ceretta, non temete. Solo sono diverso. E mi chiedo se si veda fuori che sono diverso, che tutto quello che succede mi cambia fuori, mi fa sembrare più stanco o più rilassato e che ci sono cose che per come sono fatto hanno più effetto di un’ora di sonno recuperata.
Mi chiedo se si veda, a voler guardare.

@12:07:00 AM - permalink - 0 commenti






Ti prendo e ti porto via. Come una melanzana al mercato. Come una canzone, come il titolo di un libro, di quel libro, come qualcosa che non è tuo. Ti prendo e ti porto via. Come un respiro, come un sospiro, come un’idea.
Ti prendo e ti porto via. Come una bugia o una piccola verità. Come un sorriso spuntato per caso e che non sai perché c’è.
Ti prendo e ti porto via. Come la fiducia o come la diffidenza. Come una giornata cacciata nel cesso dietro alla catena.
Ti prendo e ti porto via. Come una sensazione che mi scivola sotto pelle, come un ramarro, come un raggio di sole che spacca la monotonia di un portico, che rompe una nuvola in una giornata di pioggia.
Ti prendo e ti porto via.
Magari riuscirò anche a farlo.

@12:03:00 AM - permalink - 0 commenti



25 novembre 2002




La canzone nuova di Morandi mi ammazza. Ecco, l'ho detto. Mi ammazza e non so perchè. O forse sì. Mi ammazza quella sensazione di perdita totale, di tempo perso e buttato via. Mi ammazza quel senso totale di appartenenza e mi ammazza l'idea che anch'io per una persona potrei fare qualunque cosa. Dimmi solo dove sei. Non me ne frega un cazzo se è dietro l'angolo o nel buco del culo del mondo. Dammi solo il tempo di arrivare. Sentimentale eh? melenso eh? Da matti, lo so. Ma mi predne dentro, cosa volete che vi dica. Come se mi mordesse. Mi sta addosso anche che sia di Morandi. Mi sa una roba tipo la fisarmonica o in ginocchio da te...
Eh ben ben..se ci penso mi incazzo di nuovo....:=)

@5:57:00 PM - permalink - 0 commenti






La rabbia che mi cuoce il palato è amara come il mio caffè. Dura come la mia testa. Ho sempre avuto paura della mia rabbia perché mi porta in strani territori. Perché mi fa sentire come Frodo con l’anello al dito e uno strano desiderio di usarlo. Sarà la luce, sarà che per pranzo mi son fatto un caffè e bona, sarà che non ho dormito e che la testa mi ronza come un congelatore. Sarà quel che sarà e se mi metto a citare anche Tiziana Rivale allora stiamo freschi.

So che oggi mi sento cattivo e anche un bel po’. Che mordo e magari anche con la rabbia. Non mi fate incazzare.
Non pensavo che fossi così mi hanno detto stamattina ed erano visibilmente sorpresi. Era un complimento, almeno credo. Io l’ho preso come se lo fosse. Non sono un bravo ragazzo, non sono per un cazzo un bravo ragazzo. Solo perché ho questa faccina che se mi facessi la barba sembrerei un cinno. Solo perché ho modi cortesi e gentili e so stare a tavola o parlare in italiano. Solo perché difficilmente mi incazzo e cerco di capire. Solo perché sono disponibile e cortese. Solo per tutte queste cose non vuol dire che sia un bravo ragazzo. E ne ho le palle piene di essere considerato così.
Solo perché non sembro maledetto non è detto che non lo sia. Ci sono serpenti che non uccidono e pesci così incredibilmente colorati che se ne tocchi la pelle muori prima di essertene accorto.
No, non mi fate incazzare.

Io sono così.

Ma non so sembrare diverso di quello che sono. Non so sembrare una persona diversa. Non mi hanno insegnato a fingere, porcatroia. E quando hanno messo insieme la mia dotazione hanno inserito diversi optional, ma sicuramente dimenticato qualcosa di serie. Come un’auto con l’ABS, ma senza le pastiglie dei freni. Però viaggio e quindi bona lè, non consideratemi un meccanismo delicato. Ci sono piante che sembrano fragilissime, ma non si spezzano mai. Ci sono alberi che sembrano incredibilmente grandi e grossi e forti eppure basta un temporale per mandarli lunghi e distesi.

E anche se mi fa cagare che pianta sono, beh questa è la dotazione. Questo è il fusto, questi i rami, questa la corteccia, questa le foglie.
E sapete una fottuta e immodesta cosa?
Sono sicuro che di piante come me in giro ce ne siano proprio poche.
Io ne conosco un paio. Ma nella foresta, là fuori, circolano un bel po’ di falsi. Forse d’autore, certo. Ma sempre falsi sono.

E io, oggi, forse ho un temporale fra le mani.

@2:58:00 PM - permalink - 0 commenti






Non so distogliere il mio pensiero quando prende una strada. Proprio non so. Lui si sposta, prende la mira e spara. Il mio pensiero è una specie di flubber, parte a razzo e spesso a raglio e comincia a rimbalzare sulle pareti, troppo veloce perchè possa recuperarlo, troppo vivo perchè possa capire dove sta andando.
Ecco, stanotte mi son svegliato e puff, lui è partito.
E' ancora lì che frulla, mosca impazzita dentro una stanza chiusa.
E scava scava scava...
Du maron....

@12:45:00 PM - permalink - 0 commenti






Come inizio della settimana non c'è male...
Avete presente le cimici che sbattono in pancia a Neo? Avete presente? O i ragnetti di Minority report?
Ecco. Ne ho uno in testa stamattina.
E parla troppo.
Consigli?

@10:33:00 AM - permalink - 0 commenti






Fuori Bologna è silenziosa, come se dormisse.
Certe città non russano. Certi posti non russano. Hanno sogni che le fanno urlare o notti tiepide e lunghe come le ciglia delle donne mediorientali. Certe città si addomentano su un fianco e durante la notte si muovono lente e morbide che te steso di fianco non te ne accorgi e capisci che ci sono solo quando te le senti accoccolate contro, calde, vive, con la pelle che ha un profumo che conosci bene. Certe città a volte ti svegliano nel cuore della notte e ti guardano con quegli occhi, con due occhi che qundo li vedi allora sai che non dormirai più. E non è una questione di tette o di voglia. Non è solo una questione di tette o di voglia. È una questione di vita. Certe città a volte passano le notti in bianco perché hanno paura. E forse non sanno di cosa o forse sì e ascoltano i camion che vanno verso la yugoslavia e che prendo l’autostrada ad Arcoveggio con una specie di rassegnata tristezza. Certe città si stirano quando torna la luce e sanno che luce torna sempre, per quanto sia stato lungo e freddo e triste e tero il buio. Per quanto l’incubo ti abbia tenuto soffocato sotto il cuscino che quasi bnon respiravi, come in apnea.
Ci sono città che dormono dentro di noi con quel silenzio che è una parola. Quello stesso silenzio che da quassù, con tutte quelle luci, mi regala ogni sera un posto come Bologna.
Bologna che non potrei vivere da un’altra parte.
Bologna che mi ascolta e che mi parla.

Bologna che è esattamente uguale a te.
Adesso, stasera. Mentre ti penso.

@1:27:00 AM - permalink - 0 commenti



24 novembre 2002




Ma non erano pericolosi sovversivi? Non erano diretti discendenti di Mazzini e bombaroli pronti a tutto, nemmeno fossero stati clonati direttamente da I demoni? Non tentavano di sovvertire - che se uno è sovversivo, minimo sovverte – l’ordine costituito? Non li avevano arrestati con la casa piena di videocassette di Ecce Bombo e le pareti piene di foto Moretti che spaletta fuori da un enorme vasetto di Nutella? Non li avevano trovati con armadi piene di magliette con la scritta No, il dibattito no! e sulla chiappa destra di un paio di loro non c’era forse tatuata una falce e un martello? Sì, erano scoloriti, è vero. Forse era hennè, che si sa, coi tempi che corrono i tatuaggi potrebbero essere pericolosi. Però era una falce e martello, questo sono sicuro, signor magistrato. L’ho visto bene. E allora? Perché li avete liberati? Perché sono usciti?

Perché si sono ravveduti. Hanno abiurato.
Giuro, non lo sto inventando, il magistrato ha detto così. Hanno abiurato. Come Galileo. Chissà se qualcuno di loro uscendo dal gabbio avrà sussurrato, pensando a Berlusconi e Bossi, eppur mi fan schifo.
Chissà. L’abiura. Una roba da inquisizione. Chissà se durante l’interrogatorio gli sono stati mostrati gli strumenti. Una bella gogna nuova nuova o quel bel sarcofago fatto a fanciulla imbottito di chiodi. Che si sa, per abiurare ci vuole un bel motivo eh? E cosa avranno abiurato? Che preferiscono il ciaocrem alla Nutella? Che in piazza ci andavano per trovarsi, che si,m insomma, ci si vedeva per fare quattro passi, mica è colpa nostra se la vocee girava e ci trovavamo in 500mila.
Ma vi rendete conto? Arrestati per niente e rilasciati per niente. E Berlusconi mi viene a parlare di magistratura? Se la facevano a lui una roba così, minimo faceva una legge che rendeva illegali le manette e trasformava i carceri in centri fitness. E invece no, silenzio. E invece quando provano a toccare il buon Cesarone Boxer Previti, a cui ho pagato le tasse per una decina d’anni, mentre lui si e no pagava le spese dei suoi conti correnti alle Cayman, si scatena la legiferazione forzata.
Ma con i ragazzi di Cosenza, no. Loro li fanno abiurare.
E allora spero che sia come con galileo che mandò in giro la voce che Tolomeo era un vecchio rimbambito e ormai lo accoppano. E Tolomeo era davvero un vecchio rimbambito.
Magari tra qualche anno saltrà fuori che forse molte delle cose che si dicevano di Berlusconi non erano così sbagliate.
E quell’abiura sarà servita a qualcosa.
Sperem.

@11:51:00 PM - permalink - 0 commenti



22 novembre 2002




Chi se ne frega che cos'è e cosa non è, l'importante è, leggendo una storia, se ne rimani emozionato, condizionato o meno. Il punto è che ci sono delle storie che ti condizionano immediatamente, nel momento in cui le leggi ti senti trasportato in una specie di vagone nel quale entri e poi il treno va.

@8:34:00 PM - permalink - 0 commenti






Ho una storia nuova fra le orecchie. Pulsa. Devo iniziare a scriverla. Non so nemmeno di cosa parla. Ma devo scriverla.
Credo che sia nata da qui.

Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi.

Andrea Pazienza

@8:28:00 PM - permalink - 0 commenti






Malgrado sia inzenir - per i non autoctoni ingegnere - ho problemi a volte con la matematica.
Il prode Silvio Berlusconi dice che garantirà alla NATO un giusto numero di soldati entro il 2008.
2008. I conti non mi tornavano e infatti non mi sbagliavo. Ho usato tutte le dita delle mani per avere la conferma, puntandole anche contro il naso.
E non tornanavano lo stesso.
Sai, acro Silvio, nel 2008 mi auguro di cuore che tu ti sia già levato dai coglioni. Senza offesa eh?

@10:09:00 AM - permalink - 0 commenti



21 novembre 2002




Era un pezzo che non toccavo i link e un pezzo che volevo aggiungerne.
Così oggi tutto in un botto ne ho messi due.

Uno è per un posto che mi piace molto. Una specie di piccola casetta. Mi piace andare a leggere e lasciare qualcosa di mio. E pensare a quello che trovo scritto. Che non fa mai male.
E così eccovi nella colonnina di sinistra.

Il secondo arriva da qui.
Le persone che amo sono tutte nella mia testa. Ma non basta. Sono tutte nel mio cuore. Ma non basta. Ma non basta, se loro non lo sanno..
Non è mia. Ma sua. E mi ha fatto pensare. Prima di tutto che era ora di aggiungerlo lì di fianco. Che non sconvolgerà la vita di nessuno, però per me vuol dire. E come seconda cosa a quante volte nella mia vita ho preferito tacere piuttosto che parlare.
A quante volte ho sentito qualcosa dentro talmente forte da ridere o da piangere e non l’ho detta. Sarò pur figlio di mio padre per qualcosa.
Ci sono posti pieni di nebbia dentro di noi. E posti pieni di sole. Ci sono notti con tante stelle e notti con pochissima luna o addirittura nessuna, Ci sono nodi così grossi e pesanti che per portarli a spasso ci vorrebbe una cariola. E sere con una luce così sfavillante che pare di essere in Alaska. Siamo fatti così.
Sono fatto così.
Sono.

@8:39:00 PM - permalink - 0 commenti






È vero che l’estate finiva più nature vent’anni fa o giù di lì e come sempre ha ragione Guccini. Guccini sta alla mia vita come molti testi di filosofia a quelli di tanti altri. Tante parole, mai nessuna inutile. Guccini che ha scritto la canzone più fottutamente triste e vera che conosca, Venezia, triste e sconsolata come sa essere solo la vita. Adesso ascolto Eskimo e certe canzoni riascoltate fanno lo stesso effetto. Mi striscia addosso uno strano senso di passato, una sensazione di scivolamento in avanti e indietro, come se il tempo mi si stesse strusciando morbido contro, come se fosse una donna di cui non so se posso fidarmi. E ci sono cose che mi bisbigliano nelle orecchie, piccole parole, frasi scoscese o scostanti, che mi toccano dentro, come se avessi nascoste da qualche parte nascoste le corde di uno strano pianoforte. E non so se è vero che a vent’anni si è stupidi davvero perché certe volte, certe sere, certi momenti, mi sento stupido anche adesso che ne ho più di dieci in più.

Stasera, per esempio, ho fatto un giretto da Feltrinelli.
Quando ho bisogno di sapere che c’è un mondo fuori e che è un mondo vario, allora vado lì, sotto le due torri. Ho girato per le sale, ho guardato, toccato, annusato, sfiorato e sleggiucchiato e ho cercato di immaginare. Ho cercato di pensare come funziona quando le cose cambiano. Ho cercato di pensare a come mi sentivo lì dentro. E ho scoperto un po’ sorprendendomi, che mi sentivo uguale. E di nuovo, parafrasando Guccini, ho ancora la forza di vivere la vita masticando ogni metro. Ho sorriso pensando a quel verso che Liga ha scritto e Guccini canta. Perché non è mica poco veh, avere la forza di masticare tutti i metri della vita. Non è mica poco davvero. L’ho detto anche al telefono, pochi secondi fa, a un amico che ho sentito piangere. Finchè c’è quella forza lì va bene tutto, credo.
Is it getting better or do you feel the same?
No, sono sempre lo stesso, grazie.

@8:38:00 PM - permalink - 0 commenti






A volte vorrei saper scrivere canzoni. Chè le canzoni sono molto più dirette, molto più precise. Nelle parole ci si perde. Nelle canzoni no. Le canzoni valgono anche per la musica e non solo per quello che dicono. Come fossero un panino. Conta il pane e conta il prosciutto. Ma anche il pane col prosciutto insieme. Quand'ero cinno le canozni mi facevano pensare. Mi facevo un sacco di domande. Io che da piccino non ero capace di stare da solo e che invece spesso, per un motivo o per altro, finivo per starci. Avevo una marea di vinili, di 45 che chissà che fine hanno fatto e ogni tanto li mettevo su. La casa era in silenzio, mia nonna leggeva sul tavolo di cucina e ogni tanto si ingubbiava. E le voci delle sigle dei cartoni andavano. Riempivano l'aria tutto intorno. Riempivano i pensieri e impedivano che volassero via.
Li tenevano lì. Insieme alla mia voce che inventava nuovi giochi, nuove parole, nuove storie da raccontare a me stesso, a voce alta.
Ecco perchè preferirei saper scrivere canzoni. Con sette note e la metrica giusta si arriva diretti e diritti dove si deve andare.
Con le parole non sempre.
Forse con le canzoni riuscirei davvero a farmi capire. Con la loro semplicità.
Però mi impegno.
E ci provo.

@6:21:00 PM - permalink - 0 commenti






Son felice son contento! Son felice e son conteno e cazzo fuori piove e chissenefrega!
Son felice e son contnto. Sapete quei momenti che salutersti tutti per strada? Sai quando vedi uno che on sai neanche chi è e ti viene voglia di dirgli veh buongiorno sai? e non glielo dici solo perché potrebbe pensare che sei scemo come un scemo? Beh una roba così. A me capita anche ogni tanto di salutare qualcuno. Magari questo mi guarda, forse pensa di conoscermi o magari ho un colletto della camicia fuori e uno deentro, chi losa. Ma questo mi guarda e io lo saluto. A volte ricambiano a volte sembra che tu sia proprio fuori.
E io lo sono fuori, cazzo! Lo sono! Fuori come un’antenna parabolica che trasmette strani segnali! Fuori come un parafulmine nuovo nuovo! Fuori come uno spaventapasseri e le cornaccghie che si posano fanno anche due chiacchiere. Sono felice, davvero. Ho passato un momenrtino di malinconia malinconica, ma oh, passa set?
E in fondo non sono una persona triste, forse solo una persona trasparente. Così se vi opprimo quando sono giù, beh eccomi nella versione in technicolor.
Avete bisogno di allegria, avete bisogno di serenità, avete bisogno di una storia per ridere o di un pezzo di stoffa colorata?
Sono qui. Ci sono.
Oggi brillo, malgrado il tempo.
Un sogno mi sfiora con strane metodologie. E io ci credo.
Socmèl!

@2:19:00 PM - permalink - 0 commenti



20 novembre 2002






Insegnami a mangiare riuscendo sempre a sporcarmi in qualche modo.
Insegnami a svegliarmi alla mattina e a volere un po' bene al mio corpo.
Insegnami a tirare avanti e a mandare giù tutti i sassi e le pietre.
Insegnami a sorridere anche quando piove.
Insegnami a guidare.
Insegnami a parlare coi silenzi e a non tacere con le parole.
Insegnami come tagliare quello che scrivo.
Insegnami a rialzarmi quando cado e a superare le siepi come i cavalli da corsa.
Insegnami a respirare sott'acqua e a restare in apnea.
Insegnami a capire come si attraversano tutte le strade.
Insegnami un motivo per cui sono buone le melanzane.
Insegnami il tuo sguardo.

Se vuoi proverò a insegnarti quello che so dei miei giorni.

@8:22:00 PM - permalink - 0 commenti






Socmel che du maron blogger incù....

@5:58:00 PM - permalink - 0 commenti






Certe cose succedono solo nello sport.
Stasera dal primo minuto in nazionale una delle due fasce sarà sotto il presidio di Carletto Nasone Nervo. E sono molto ma molto contento.
Sono contento perché in un mondo come quello del calcio che vive di veline, di cazzotti piovuti dagli spalti, di Sensi che da del deficiente a Galliani che sorride – stesso chirurgo di SB? -, di sorteggi integrali o pilotati, di arbitri e guardalinne e di roba così, l’esordio in nazionale di Carlo Nervo è una roba che nemmeno Cerentola arriva a tanto.
Nervo è l’ultimo superstite del Bologna che giocava nel lontano 1995 il derby col Crevalcore. Che è un po’ come se il Milan giocasse con l’Assago. A quei tempi il buon carletto caracollava già sulla fascia, appena arrivato dal Mantova insieme a un tale Marsan. Ed era Marsan quello buono. Qualcuno sa che fine ha fatto?
E la storia di Nervo a Bologna è epica, quasi da Guerra e Pace. Lui smollato dalla morosa e tristissimo, che non arrivava più al cross che rincorrendo il terzino degli altri sembrava inseguire qualcosa che in quel periodo gli sfuggiva sempre. Come il trzino. Lui per cui ci fu una specie di appello alla suddetta ‘mbrousa perché tornasse sui suoi passi e restituisse al poverone l’andatura a naso in fuori che conoscevamo bene.
Lui poi che recuperato l’amore veniva controllato dal guardiacaccia Ulivieri. Famosissima la battuta secondo cui i destini del Bologna dipendevano da quante ne faceva Nervo al sabato sera. Di cosa, vi prego, non me lo chiedete.
Lui che perennemente a dieta venne boccheggiato in un autogrill a sbranarsi una Rustichella e ferocemente divorato dallo stesso implacabile Ulli. Ulli che poi regolarmente lo mandava in campo a remare su e giù per il campo e a uscire a una decina dalla fine quasi rantolante trasportato sulle mani.
Perché quegli anni lì erano gli anni di Baggio e in quegli anni sono sicuro che il buon carlo sia stato messo in un polmone d’acciaio tutti i lunedì per uscire fuori solo la domenica alle 14 e 59. Perché là davanti, fra il Codino scrittore, Kolyvanov e la quercia secolare di Andersson non tornava mic nessuno. E lui invece correva come un tedesco dell’est che ha appena scavalcato il muro, correva dietro a tutti e spesso non ce la faceva nemmo a fare la doccia. Il buon Carlo Nervo che quando era girata la notizia del ritorno del baggino deve avere avuto uno smalvino al solo pensiero.
E oggi in nazionale. Oggi quando alerà la testa e il naso per crossare, in mezzo non ci sarà Julio Bradipo Cruz, ma Bobo Vieri. Oggi quando darà via la palla nel mezzo, probabilmente la rifilerà a Del Piero.
Che con tutto il rispetto, l’è un ater quel.
E spero proprio che la sua carrozza di cristallo, al 90, non ritorni ad essere una zucca. Perché continuo a preferire il suo naso a punta e l’occhio un strano al pizzetto e al fascino latino di Zambrotta.
Questione di stile.

@2:21:00 PM - permalink - 0 commenti






ma prima o poi ripartirò...e salirò salirò

@1:01:00 PM - permalink - 0 commenti



19 novembre 2002





Per descrivere come mi sento stasera ci vorrebbe Tondelli.
Ci vorrebbe un bel periodo di una decina di righe infarcito di sangue, sudore e un bel po’ di sensazioni. Perché mi sento un gatto in agguato nel buio, le orecchie dritte e un tondo di luna talmente brillante da sembrare gelato a spazzare via l’oscurità, a sotituirla con un azzurro velato di una strana malinconia. Mi sento un gatto e la notte mi accarezza il pelo e un po’ ho freddo e mi sento un vermino strisciante e un po’ ho caldo e potrei spaccare il culo a qualunque randagio si presentasse fra me e il mio territorio. Mi sento triste senza un motivo per esserlo e mi sento allegro senza un motivo per esserlo. Mi sento vivo e mi sento forte. Mi sento una cassapanca di legno antico in cui qualcuno ha nascosto un segreto e che è difficilissima da spalancare. Mi sento in astinenza.
Stasera cercherò di capire quali sono i personaggi che vogliono vnire fuori. Cercherò di sentire i loro pensieri che mi chiamano e proverò a dargli retta. Stasera non dormo, è quasi deciso.
Stasera esisto.
Esisto davvero e so quello che sono, quello che valgo, come una consapevolezza nuova, una luce sparata in faccia.
Stasera Patrick inspiegabilmente sorride e si accarezza la faccia come si fa coi bimbi. Stasera patrick sa che può farcela, che su una barca dispersa nell’Oceano è capace di rintracciare la rotta, annusando il vento e l’odore del mare. Stasera Patrick ha un po’ di magia addosso e magari riuscirà a spruzzarla per aria, in cima e farla ricadere dove deve. Dove vuole.
Stasera Patrick ha le mani e gli occhi e il cuore aperti.
Cazzo, non è mica poco.

@7:57:00 PM - permalink - 0 commenti






Bloggo o non bloggo?
Neanche fossi il principe di Danimarca. E' che mi capita in questi giorni di sentire le parole rimescolarsi e non sapere come fare a farle uscire. Non so perchè. Un po' mi spaventa e un po' mi affascina questo strano modo di seguire il tempo, il clima, come fossi un animale migratore. Così dilato, allungo, dirado. E le cose da dire, da scrivere, da pensare, da urlare e da zigare, da ridere si accavalano come in una coda di stampa.
E io le ordino, le metto lì, le schedo e prima o poi le racconterò tutte.
Mi fa un po' male la testa.
Segno che c'è.

@5:07:00 PM - permalink - 0 commenti






A volte mi chiedo che giorno sia a quest’ora. Che giorno è mezzanotte e mezza. A quest’ora ho pensieri sospesi e la mia notte di pensieri sparsi che rimbalzano sulle pareti del flipper comincia proprio adesso. Da quel messaggio che al passaggio a tutti zeri dell’orologio digitlae spedisco inbustato in una bottiglia di onde telefoniche.
Non so che giorno sia, davvero. So che ho pensieri confusi che tentano di raddrizzarsi come la fune di un fachiro, come il cobra di un incantatore, come la rima in bocca a un poeta.
So che a volte mi sento una piccola barchetta che diventa uno yacht e certe sere è un po’ come se scoprissi che lo yacht in realtà era solo carta di un giornale più grande. E che imbarca acqua lo stesso.
So che cerco di distillare sogni come si fa per i liquori e che a volte ci riesco e a volte no e ancora non ho capito come faccio quando ci riesco e come faccio quando non ce la faccio.
So che vorrei davvero sapere chi sono, ma saperlo veramente e non sentirlo soltanto e so che saperlo con certezza è più difficle che indovinare in che giorno siamo ora.
So che troppo spesso viaggiamo come appesi a piccoli fili, come fossimo marionette di cui siamo il pubblico e il burattinaio e a forza di inventrci tutti i ruoli finiamo per perdere di vista lo spettacolo vero e proprio.
So che capita che le cose belle ce hai sotto gli occhi tutti i giorni finiscano per non farti nessun effetto, perché sono lì, come un polinesiano che guarda la sua spiaggia e non capisce perché per tutti sia così stupefacente. So che succede. So che a me non capita e non so perché.
So che ci sono momenti in cui proprio non capisco da che parte girino le ore e i giorni e l’asse di rotazione terrestre e altri in cui anche solo respirare mi fa sorridere.
So che quando credo in qualcosa o in qualcuno ci credo davvero fino in fondo.
So che vorrei sapere come si fa a lasciarsi stare ogni tanto, perché pare che a me piaccia tanto sferruzzarmi e tenermi lì.
Ma so che voglio viverli tutti quei momenti, quando sono in altalena e quando scavo. Ogni lacrime e ogni risata.
Viverli come se fossero una lotta sempre diversa, un muro novo da scalare, una mano da tendere, un cuore da sentire battere, un ncioccolatino e un sorriso, un cazzotto in faccia e una pernacchia.
Viverli tutti dal primo all’ultimo.
Anche se a volte mi facci cagare, anche a cavallo fra ieri e oggi sono orgoglioso di quello che sono.

@12:52:00 AM - permalink - 0 commenti



18 novembre 2002




Piove, senti come piove.
Il micio e la micia sono spaparanzati paraponzipò sul divano e hanno quell faccia da fate come volete io sto qui che solo i gatti riescono a raggiungere. Una specie di nirvana felino, un'estasi animalesca di improbabile fattura.
Io sto qui e cerco di ridurre alla ragione un database, dopo che stamattina qualcuno ha tentato di introdurre un floppy nella fessura cd di un iMac e nel pomeriggio il medesimo ha staccato la presa alla stampante e concluso che non funzionava più.
Gente strana.
Gli animali sono bestie strane.
Mica come gli uomini.

@6:53:00 PM - permalink - 0 commenti






Oggi pomeriggio mi ha aggredito un volpino.
Un volpino, non so se rendo. SI è sollevato sulle zampe davanti, per tutti i suoi 25cm di lunghezza e mi ha morso i jeans.
La padrona continuava a dirgli gugghi non mordere! Gugghi smettila!. Però Gugghi - ma vi pare un nome? - non smetteva. Allora da una parte la signora che strimpellava come un'aquila le sue corde vocali, dall'altra Gugghi che addentava i miei jeans.
Ho aspettato che la tipa prednesse la schiena dell'immodna bestia a nerbate o che il nefasto cane smettesse.
Ma appena ho sentito la punta di un dente sulla pelle ho preso Gugghi o Guggy o come cazzo si chiama per le urcie e l'ho staccato dai jeans. E bona lè.
Ma gli fai male.. mi fa la tipa consolando il cagnetto...
Gli faccio male? E pensare che la prima tentazione era stata prenderlo a calci...

@5:59:00 PM - permalink - 0 commenti






Mica male quando senti una canzone per radio e qualcosa si muove dentro. Mica male se senti come una mano che ti fruga nello stomaco e che prova a uscire da soto, dall'esofago. Mica male se fuori piove e in fondo all'orizzonte c'è uno squarcio di sereno che non dovrebbe esserci ma c'è. Mica male se quella cazzo di canzone è stupida, idiota, melensa e dura pure poco. Mica male se senti gli occhi un po' lucidi e ti mordi la lingua fino a farla sanguinare.
Mica male se sei a lavorare.
Mica male.

@4:02:00 PM - permalink - 0 commenti






Avete presente It? Avete presente quei marmocchi che ritornano da adulti a combattere e sconfiggere la Paura della loro infanzia?
Ecco, credo che sia così che funziona. Crescendo si accumulano paure, si accumulano conoscenze giuste o sbagliate, si accumulano momenti e lacrime e sorrisi e poi, quando meno te lo aspetti, tutto torna a galla. E ti accorgi all’improvviso che proprio di quello sei fatto. Che anche quelli lì sono i mattoncini di cui siamo fatti, come tanti piccoli lego colorati.
E allora guardi Pennywise negli occhi e lo affronti. Ognuno a suo modo, ognuno vedendolo a suo modo. Chi pensando che il placebo per l’asma sia acido, chi ridendoci sopra, chi raccontando una storia.
Ognuno a suo modo.
E alla fine della lotta, alla fine della giostra, sai che hai vinto per te stesso e che quel pagliaccio non tirerà più fuori la testa dalle fogne. Magari lo sognerai qualche volta, magari ti sembrerà di vederlo dietro a un angolo buio o nell’ombra su una parete. Ma lo hai già combattuto una volta. E sai come fare.
Tutto qui.
Tutto qui, davvero.

E quello che mi piacerebbe, mentre ascolto la pioggia che sale e che scende e decido se ho voglia o no di andare a dormire, è prenderti sul cannone della bicicletta e farti fare un giro giù per una discesa a rotta di collo, guardarti aprire gli occhi, sorpendermi perché mi guardi e vedere, semplicemente, spuntare fuori quel sorriso che conosco.

@1:30:00 AM - permalink - 0 commenti






A volte mi fai paura mi hanno detto un amico a cui ho raccontato una sensazione che avevo su di lui, rivelando, senza saperlo, un segreto che non mi aveva raccontato. È la seconda volta che succede. Non è bello. È come una maledizione, forse. O come un regalo.
Lo so che faccio paura. Mi hanno detto che spiazzo. In certi momenti mi metto lì a pensare perché. O se sia giusto. E penso che lo sia. Penso che sia giusto essere quello che si è. Penso che sia giusto sapere quello che si è e combattere contro l’immagine che il mondo vuole regalarci, come gli socnti, òe promozioni o i giubbotti per la pioggia distribuiti in omaggio con i premi della benzina.

@1:23:00 AM - permalink - 0 commenti






Adesso piove. Una pioggia rumorosa che accompagna la fine di uno strano week end. Si sente quel rumore, adesso. Il lungo ticchettio della pioggia, come un sussurro. Parole dette piano in una lingua che non capisco e non conosco. La stessa lingua che uso io, a volte, per parlare con gli altri.

@1:22:00 AM - permalink - 0 commenti






Io non credo alle coincidenze. Non credo nemmeno nel Destino. E nemmeno in Dio. E rileggere quest’ultima frase mi mette un po’ d’ansia. Ma solo un po’. Giusto il tempo di pensare chissenefrega.
Dunque non credo alle coincidenze etcetera etcetera. Tutto questo perché ieri sera ho rivisto gli tulimi due episodi di caro diario e oggi tra un goal e l’altro, Capital mi ha rifilato la canzone della Mannoia con cui Moretti ha chiuso il film. Così mi è capitato di pensare, davanti alla televisione stasera, a cosa sognavo per me una quindicina di anni fa. O meglio, a cosa immaginavo che sarei stato oggi. E mentre lo facevo, mentre cercavo di riordinare le idee, mi è venuta in mente una frase di Almodovar che dicee sei felice se assomigli al sogno che avevi di te e mentre la formulavo, mentre passava fra i pensieri del mio unico neurone a pieno servizio, è passato lo spot di Tutto su mia madre. E quella frase, quelle poche parole, vengono da lì. Da quel film. Così ho sorriso. E ho smesso di pensare.
Ho ripreso in mano Le correzioni e mi sono rimesso a leggere.
Semplicemente.

@1:22:00 AM - permalink - 0 commenti



17 novembre 2002




Strange days titolava un film della Bigelow, oggi impegnata coi sottomarini. E questi sono davvero strani giorni.
Strani giorni, proprio mentre mi sono messo a riascoltare Frank Hi-NRG. Sraà un caso.
C’è un arresto di un po’ di militanti del Social Forum accusati di sovversione. Sovversione è già una strana parola, che sa di carboneria, di moti risorgimentali. E suona ancora più strana associata a un movimento come quello.
C’è che un parlamentare di AN richiesto di un commento racconta che per lui le tute nere e le tute bianche sono la stessa cosa. C’è che dato che gli animali che hanno massacrato di botte un extracomunitario un mesetto fa si sono detti uomini di destra, allora quel parlamentare di AN, per me, è uguale a quelle bestie. Tanto per usare il suo stesso metro di ragionamento.
C’è che il ministro dell’Interno ha richiesto di essere informato su ogni sviluppo dell’indagine e che molti parlamentari del Polo si sono dissociati.
C’è che il buon Schifani ne ha detta una delle sue, parlando al solito dei comunisti.
C’è che ho un mondo di pensieri per la testa e il più comune di questi lega la Cirami, la richiesta di grazia per Sofri e questa vicenda.
C’è che mi fa pensare, sicuramente. C’è che un paese in cui si chiude un’idea dietro una porta chiusa una chiave è un gran brutto paese per vierci e che è ora di dire le cose come stanno.
C’è che non si può urlare con diciotto tonsille quando la Legge ti tocca i garetti dei mocassini su misura o l’attaccatura del portafogli e poi tacere in questa occasione. C’è che proprio non si può.
C’è che proprio non ne posso più.
Perché anche se questi ragazzi sono innocenti come credo, per molta gente, quella che non legge i giornali, che non guarda niente di più che i titoli del TG perché sono in mezzo al gioco di Amadeus, che non ascolta la radio e che l’unico libro che sfoglia nelle sue giornate è il catalogo del Postal market, per queste persone, per questi che sono la popolazione italiana, che ci faccia piacere o no, quei ragazzi resteranno sempre dei violenti. E lo saranno perché la polizia è andata di notte a prenderli a casa e li ha sbattuti a Trani. In massima sicurezza.
Perché questo è quello che rimane: la credibilità tolta a un intero movimento di fronte all’opinione pubblica. Tutto qui.
Obiettivi a breve termine. Obiettivi a brevissimo termine.
Un altro slogan pubblicitario? Forse. Però siamo bravissimi a consumare il prodotto. Bravissimi a berci lo spot, a girare per le corsie del supermercato, a riempirci il carrello e a dormire bene la notte.
A far finta che vada tutto bene

@9:02:00 PM - permalink - 0 commenti






Ho pensato a mia madre stasera.
Ero al cinema. C’era silenzio, un silenzio imbarazzato, confuso, quello che cala all’intervallo quando le immagini ti hanno calato dentro un liquido indigeribile. Un po’ come i mezzi di contrasto delle radiografie.
È quello lì l’effetto che fa Magdalene.
Ho pensato a mia madre, lo ripeto. A mia madre a cui tagliarono col coltello le trecce per punizione. Prima di farle la tonsura.
Mia madre non è irlandese, malgrado il nome che porto e quel convento non era in Irlanda e non lavavano i panni sporchi. Quel convento era a Bologna.
Pensavo a mia madre e ai suoi racconti e anche un po’ a me, lo confesso. Un po’ a tanti anni fa. Alla mia vita.
C’è una cosa sola in cui credo: l’essere umano. La bontà e la cattiveria stanno lì. Non c’entra Dio. Non c’entra l’abito. C’entrano le azioni, c’entra quello che si è. Non voglio parlare di religione, non voglio demonizzare un Dio in cui non credo e in cui non trovo la forza di fare affidamento nemmeno nella disperazione.
L’unica cosa che so e la so davvero, è che spesso dietro a Dio ho visto nascondere i panni sporchi delle azioni degli uomini. E che è incoraggiante, bello, sorprendente, ma soprattutto giusto che ci sia chi ha ancora la forza di gridare quello che è succede e che continua a succedere.
Tutto qui.

@1:44:00 AM - permalink - 0 commenti



16 novembre 2002




Guardo gli occhi di Samuele che mi guardano e sono uguali a tuoi. Felici, allegri, meravigliati, spaventati.
Hai gli occhi di bambino e le mani piccole che cercano di catturare il mondo e a volte lo sentono troppo grande fra le dita. A volte lo snetono incomprensibile e non lo riescono a stringere.
Hai gli occhi di quel bambino e mangiamo le stesse cose eh?.
Hai gli occhi di quel bambino e tocchi le mie dita come fa lui. Come fossi grande grande e come fossi piccolo più di lui.
Adoro quel bambino.
Adoro te.

@1:57:00 PM - permalink - 0 commenti



14 novembre 2002




io credo che ci sia della gente geniale al mondo.
Quelli che hanno inventato questi lo sono di sicuro.



@9:03:00 PM - permalink - 0 commenti






Ci sono canzoni che vanno tenute strette per quello che dicono, che le parole contanbo sempre, anche se accompagnate dalla musica. Io stasera stavo ascoltando questa…

Ho ancora la forza che serve a camminare/ picchiare ancora contro per non lasciarmi stare,/ ho ancora quella forza che ti serve quando dici si comincia/ Ho ancora la forza di guardarmi attorno/ mischiando le parole con due pacchetti al giorno/ di farmi trovar lì da chi mi vuole sempre nella mia camicia/ Abito sempre qui da me/ in questa stessa strada che non sai mai se c'è/ e al mondo sono andato/ dal mondo son tornato sempre vivo./ Ho ancora la forza di starvi a raccontare/ le mie storie di sempre di come posso amare/ di tutti quegli sbagli che per un motivo o l'altro so rifare./ Ho ancora la forza di chiedere anche scusa/ o di incazzarmi ancora con la coscienza offesa/ di dirvi che comunque la mia parte ve la posso garantire/ Abito sempre qui da me,/ in questa stessa strada che non sai mai se c'è/ nel mondo sono andato/ dal mondo son tornato sempre vivo./ Ho ancora la forza di non tirarmi indetro/ di scegliermi la vita masticando ogni metro/ di far la conta degli amici andati e dire ci vediam più tardi/ Ho ancora la forza di scegliere parole/ per gioco, per il gusto di potermi sfogare,/ perchè che piaccia o no è capitato che sia quello che so fareAbito sempre qui da me,/ in questa stessa strada che non sai mai se c'è,/ col mondo sono andato/ col mondo son tornato sempre vivo

…in versione live, chitarra acustica e c’erano tutte e due le voci e tutte e quattro le mani sulla chitarra. Però poteva venire solo da lì quella canzone. Solo da lì. Ogni tanto bisognerebbe rileggerla, proprio leggerla e non solo ascoltarla.
Le parole. Sentire l’eco che fanno dentro. Sentire come scivolano. Come rimbombano, perché questa canzone rimbomba e non solo perché hanno due gran vocioni.
Io ascolto quell’eco e dentro a quelle parole mi ci ritrovo bene.

@9:01:00 PM - permalink - 0 commenti






Accarezzo il gatto e da lontano i tuoi pensieri.
Ti racconterò una cosa.

@6:22:00 PM - permalink - 0 commenti






Ascolto Dido che ringrazia per quello che le danno, annuso i vestiti che sanno di friggitoria e leggo di risolvere i problemi dentro di sè.
Continuo a pensare che sia vero che se non stai bene non puoi stare bene con gli altri. Se qualcosa ti frigge dentro, se bolli come una pentola per la pasta, se ti si rivoltano le budella e i pensieri galleggiano, diventa dura vedere quello che c'è fuori. Come camminando nella nebbia.
Ma spesso dalla nebbia non si esce se non con una bussola, una mappa, un aiuto, una spintarella.
Resto dell'idea che l'unica cosa che si possa fare soli è scrivere.
Ma anche per scrivere c'è bisogno di emozioni. E le emozioni vengono da fuori. Dagli altri.
Sempre.

@3:47:00 PM - permalink - 0 commenti






Stamattina fa caldo. Ma proprio caldo. L'estate di San Martino, la chiamano ed è arrivata in ritardo, che secondo me il buon vecchio globo ha preso una strana velocitèà di rotazione. Lo diceva sempre mia nonna, al mond al va all'arversa!
Comunque in macchina ho cavato il riscaldamento versione tropical blind, ho guardato fuori il riflesso della giornta sul cielo e i colli davanti che brillavano di una strana luce pulita.
Poi ho acceso la radio. E dalla radio è uscita questa...

Poi arrivò il mattino e col mattino un angelo/ e quell'angelo eri tu, con due spalle uccellino/ in un vestito troppo piccolo e con gli occhi ancora blu./ E la chitarra veramente la suonavi molto male,/ però quando cantavi sembrava Carnevale,/ e una bottiglia ci bastava per un pomeriggio intero,/ a raccontarlo oggi non sembra neanche vero./ E la vita Caterina, lo sai, non è comoda per nessuno,/ quando vuoi gustare fino in fondo tutto il suo profumo./ Devi rischiare la notte, il vino e la malinconia,/ la solitudine e le valigie di un amore che vola via./ E cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo/ e non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo./ Chissà se in quei momenti ti ricordi della mia faccia,/ quando la notte scende e ti si gelano le braccia./ Ma se soltanto per un attimo potessi averti accanto/ forse non ti direi niente ma ti guarderei soltanto./ Chissà se giochi ancora con i riccioli sull'orecchio/ o se guardandomi negli occhi mi troveresti un pò più vecchio./ E quanti mascalzoni hai conosciuto e quante volte hai chiesto aiuto,/ ma non ti è servito a niente./ Caterina questa tua canzone la vorrei veder volare/ sopra i tetti di Firenze per poterti conquistare.

@10:05:00 AM - permalink - 0 commenti






Mentre SB – credo molto a malincuore – cede il giocattolo Farnesina nelle mani di Frattini, mentre fuori c’è un clima stranissimo che non so se è l’estate di San Martino con o senza le campane, mentre cerco di immaginare chi sono i 13accessi13 che sono arrivati qui digitando su google come mi fecero a me di photoshop senza che mia nonna lo sapesse che non capisco nemmeno cosa cippalippa vuol dire, mentre su New York calano le prime ombre della sera (Bonvi dixit), penso che in fondo non è stata una brutta giornata. Che è già un gran bel pensare, visti i tempi, non vi pare? Ieri in radio ho anche risentito Questa è la mia vita e su palco mi sono beccato quei pochissimi minuti di Dazeroadieci che la programmazione gratuita mi ha consentito. Mi aveva anche rpeso di nuovo la fregola dei voti, ma ho lasciato stare. Anche se una giornmata come oggi, con quella stanchezza che ti fa arrivare a sera quasi contento, merita una paletta alta.
È un periodo importante della mia vita, questo. È un periodo che potrebbe voler dire qualcosa, un momento che si è alzato in piedi e sta raccontando la sua storia. Che ci sono dei momenti così, a volte. Come quando stai a tavola, magari ci sono un paio di bocce vuote, qualche bicchiere mezzo pieno, uno strano silenzio alcoolico ronzante e qualcuno comincia a parlare.
Ecco, succede così. È successo così.
Sta parlando. Qualcosa sta parlando e mi sta raccontando una storia, che certi momenti della vita hanno sempre una storia dietro, come i cereali del kinder.
È una storia bella quella che sta dietro a questo racconto. Sa di pane e di vino frizzante. E di risate e anche di silenzi lunghi e affilati o morbidi e freschi. Sa di cose vere rusteghe e ruspanti, di quelle che arrotano la s e si incazzano anche un po’ come i nonni che parlano di calcio in via Orefici davanti a Otello e in piazza Maggiore davanti a tutti.
Lo so, lo capisco, è un modo un po’ strano di dirti che ti voglio bene, questo qui. È un modo singolare e assurdo, liquido e un po’ burlescamente deforme, come uno degli elefanti di Dalì. Ma le parole sono così, prendo il giro, frullano, si angolano e si deformano, come le punizioni di Del Piero o le note della chitarra di Santana. E anche le emozioni prendo effetti, ti tagliano fuori, come la prima mancina di McEnroe che col cazzo che la prendevi. Anche le emozioni hanno il loro sette, il loro incrocio dei pali dove andare a finire, dove trovare la loro collocazione, il posto dove devono stare, come fossero create apposta.
Credo che funzioni così per tutte le cose che mi riguardano. Non seguono percorsi semplici, non vanno dritto per dritto. Girano, curvano, sono come sono.
Sono contento di guardare il tuo buffo modo di muoverti nel mondo.
Sono contento di sentirlo sulla pelle e sulle vene del collo.
Sono contento di sentirlo sulle mani.
Sono contento di averti addosso così tanto.
Dentro, da qualche parte. Come un tesoro da conservare, da coccolare, di cui prendersi cura sempre, in ogni modo possibile. Senza risparmiarsi mai.

@12:26:00 AM - permalink - 0 commenti



13 novembre 2002




Questa canzone dei coldplay è meravigliosa....

@2:21:00 PM - permalink - 0 commenti






Qualcuno dice che siamo nel cybermondo e io che odio le definizioni, gli stereotipi, le categorie predefinite, sento un po’ i coglioni girare. E come sempre arriva il cinema a farci un po’ riflettere. Come sempre alla fine arriva il cinema a farci aprire gli occhi, che anche nel mondo di oggi si riesce a fare qualcosa che aiuti i neuroni a riflettere e a pensare.
E così c’è un uomo che riesce a trovare qualcosa di nuovo, di interessante, di speciale da dire. E che lo mescola sotto una forma sufficientemente spettacolare per poter essere raggiunta.
Questo tipo, che si chiama Andrew Niccol, ha scritto la sceneggaitura di the truman show e diretto un meraviglioso film sulla manipolazione genetica e la paura del diverso, la ricerca inutile della perfezione che si intitolava Gattaca. E ora siamo alla terza puntata. Ed è qui che arriva la storia del mondo virtuale. Il nuovo film di Niccol che esce domani dalle nostre bande si chiama S1m0ne, proprio così, coi numeri. Il bombardamento mediatico è già iniziato, tra tg, giornali, trailers e roba simile e quindi evito i particolari. In un momento in cui il cinema crea mondi spettacolari, ma molto spesso freddi – penso ad esempio ai due prequel di Star wars - pensare a un’attrice virtuale, con tutto quello che vuol dire è coraggioso.

Personalmente continuo a pensare che la realtà sia meglio, più genuina. Che la magia sta nelle cose vere, in un’abbraccio e in un sorriso, in qualcosa di carne, che profuma o puzza, ma che esiste.
Penso che sia ancora quello che ci circonda che conta. Anche se guardando fuori vedo solo nebbia e un grigino diffuso che fa molto bassa padana, ma proprio bassa. E preferisco qualche difetto reale a una perfezione fasulla. Preferisco un attore che sbaglia una battuta a una creatura di pixel, come preferisco sentire una voce, guardare un volto, tenere una mano.
Si sente se dietro c’è del sangue. Si sente perché pulsa.

@2:17:00 PM - permalink - 0 commenti






Pare che il maschio latino sia in crisi. O almeno quello italiano.
Da uno studio uscito oggi pare infatti che una percentuale di uomini italici soffra di disturbi erettili. Che non è una specie di lucertola e nemmeno un morbo per cui il pisello ti diventa come un’iguana, No, trattasi d’altro.
Ebbene sì. Pare proprio che quello che dovrebbe stare su in realtà non stia più su tanto bene. Oh, proprio adesso che tirano dritta di nuovo anche la torre di Pisa doveva saltar fuori una roba così? Ma nessuna preoccupazione, c’è la pillolina azzurra, che scopi come un riccio per qualche ora, ma rischi che ti venga la trombosi, mettendo finalmente in atto il famoso motto mentre veniva se ne andava.
Vabbè, io ci scherzo sopra, ma sono cose serie, sapete? Proprio serie.Che quando ti capita – perché anche se non lo confesserete mai, vili, è capitato a tutti almeno una volta – ti verrebbe quasi da parlargli, come se avesse una sua intelligenza, come se fosse una forma di ribellione, uno sciopero che quelli della Cigiellecisleuil in confronto sono roba da poppanti.
Son cose serie, vi dico. Serie proprio. È bello che ne parlino i giornali. Tanto ormai il viagra arriva in pubblicità, insieme a tutta l’altra spam. Che una più o una meno. E a quanto pare sono proprio puntuali con la spam, se è vero che una delle più gettonate ultimamente è la meravigliosa enlarge your penis e che lo stesso studio di prima rivela che l’82% degli uomini che va dall’andrologo ha paura di averlo piccino. E io mi immagino la scena. Un ambulatorio, austero, riservato. Luce tenue, non inveasiva. Il dottore. Sui 55, un po’ bolso, stanco, vagamente annoiato.
Il paziente. Sui 35-40. Tremante.
Dottore: mi dica, che problema ha?
Paziente:…ma veramente… (si morde nervoso un’unghia, anzi tutte. Facciamo tutte)
Dott: si confidi, è il mio lavoro.
Paziente (sospirando): Dottore, c’è l’ho piccolo.
E il dottore pazientemente segna una X di statistica con lo stesso ghigno con cui un pistolero marchia l'ennesima tacca sulla Colt, estrae il righello morbido d’ordinanza e si appresta alla misurazione.
Ma andiamo! Ma siamo seri! C’è gente che va davvero dall’andrologo perché è convinto di averlo mignon? Se è vero i medici hanno tutti un futuro da cabarettista semplicemenet raccontando quello che vedono tutti i giorni. E magari ce li vedo questi, prima di decidersi ad andare in ambulatorio, piegati su se stessi, tentando di rubare un centimetro per arrivare alla fatidica soglia. Nella semioscurità della stanza, temendo che la moglie, la fidanzata, la coinquilina o la madre – no, la mamma no! – li veda che si misurano l’uccello, che provano a barare, a spingere un po’ per guadagnare millimetri preziosi. Povere bestie che siamo…
Una volta c’era rimasta almeno un po’ di etica sessuale.
Adesso no. Adesso tocca parlare di metrica. E a quanto dicono le statistiche, forse nemmeno decimale.

@12:34:00 AM - permalink - 0 commenti



12 novembre 2002







Ascolto i Tiromancino e penso.
Prima reazione durissima contro una persona. Un residuo vecchio di una vecchia persona.
A volte è strano pensare come quanto più si è spaventati - e lì lo ero davvero tanto e senza un motivo - si finisca per irrigidirsi, indurirsi.
Quando sono smarrito, quando cerco a tastoni i miei pensieri o sembro cretino - sì quello anche normalmente, è vero - oppure freddo, indifferente.
C'è stato un tempo in cui la frase che mi dicevano più spesso era sembra che non te ne freghi niente. Anche quando giocavo ogni tanto veniva fuori la tomella del sembra che tu non ti sia impegnato per niente.
In realtà era solo una gran paura di sbagliare. O certezza di sbagliare, mettiamola così.
Forse se qualcuno in quel periodo mi avesse guardato e avesse capito e non giudicato, forse avrei avuto il coraggio di dirlo. Di dirlo e bona.
Dirlo che mi stavo semplicemente cagando addosso e che tutto quello che avevo dentro era solo una strafottuta paura di sbagliare. Strafottuto senso di inadeguatezza, stramaledetta sensazione di non sapere che pesci prendere. Stramaledetta sicurezza che, anche se li avessi presi, non avrei saputo metterli in fila.
Forse è per questo che mi inaczzo così tanto con mio padre. Perchè è capace di riesumare la salma di quello che ero e farla rivivere.
E la fortuna è che ogni volta che succede mi accorgo di non essere più così.

@6:22:00 PM - permalink - 0 commenti






C'è un designer che ha creato una tavolozza da cesso con lo stemma dei savoia...

@6:10:00 PM - permalink - 0 commenti






La gatta mi guarda. Sarà il maglione rosso come il suo pelo? Boh. Non riesco a capire se mi guarda con intento felino e cacciatore o se mi scruta con compassione.
Mi sono sbafato una merendina destinata alla figlia del mio capo. Era un kinder brioche che mi ha sempre fatto un po' cagare, ma avevo una fame urenda. Adesso ho in bocca un sapore dolciastro che contrasta con lo schifo della rustichella che mi son sbranato all'autogrill e che è ancora in riunione per decidere se andare su o giù. Pare che sia una scelta difficile. Tra un po' decido io per lei e la facciamo finita.
Ho le dita decisamente gelate.
E non riesco a togliermi dalla testa una cosa che ho sentito oggi.
Chissà come cazzo funziona la mia testa.

@6:03:00 PM - permalink - 0 commenti






Emozioni, emozionati e emozionàti.
Mattinata deensa di emozioni, perché quando vai a visitare certi posti poi le emozioni sono inevitabili. Chè un’emozione non è per forza positiva o negativa. Il trrore, l’inquetudine, la solitudine, l’ansia sono emozioni tanto quanto la gioia, l’amore, la felicità. Sono come invitati a una cena, le emozioni. E mentre quelle positive ti portano qualcosa, un dolce, il gelato, una boccia di vino o uno splendido sorriso, quelle negative arrivano, mangiano e se ne vanno. A sbafo. A ufo. Gratùite come diceva mia nonna.
Ecco, stamattina qualcuno è venuto a cena da me senza ringraziare, ma qualcun altro ha portato del vino buono.
E alla fine, quando ho sparecchiato la tavola, messo in moto e sono ripartito, beh il bilancio era decisamente in attivo.
Non si finisce mai d’imparare. Non si finisce mai dai capire. Non smetto mai di provare a spiegarmi.
E le emozioni non la smettono di toccarmi la pelle, la testa e il cuore.
E di questo sono tremendamente contento.

@2:08:00 PM - permalink - 0 commenti






La mia notte è fatta di parole.
Fa freddo. Molto, ma molto fuori. Per fortuna un po’ meno dentro.
Mi spaventa un po’ la gitarella fuori porta di domani. Mi spaventa uscire col buio e il mio carico di cartacce e andare in giro. Col buio - quando esci alla mattina presto che a spasso ci sono solo i fornai, gl spazzini e gli utlimi biassanot sopravvissuti all’euro – tutto sembra diverso. Col buio i fari delle macchine hanno colori differenti e a quell’ora, col sole che non c’è ancora e la notte che non c’è più, anche i pensieri hanno colori differenti. Si piegano su se stessi e si distendono, come piccole lumache. A quell’ora lì uscivo spessissimo, tanti anni fa. Bologna sembra mezza addormentata, assomiglia a te quando ti stiri. Lunga e morbida. Intensa. La luce scivola e non rimbalza. Si appoggia e non fa male. Come dovrebbero essere davvero i pensieri.
Lucidi. Limpidi, colorati. Unici.
Chissà come saranno i miei pensieri domani.
Ai tuoi regalo questo saluto.
In un momento che non so bene che giorno sia.
Ti penserò.

@12:53:00 AM - permalink - 0 commenti



11 novembre 2002




Auguri che non mi sono dimenticato.
Auguri che fa freddo come a volte faceva nel tuo cuore.
Auguri che difendo la tua presenza e la tua memoria.
Auguri che mi manca parlare con te.
Auguri e un piccolo fiore.
Da tenere stretto nel tuo piccolo sorriso.

@2:30:00 PM - permalink - 0 commenti






Il premier dice Sofri libero e Fini si candida al ruolo di stopper. Garantiamo la legalità e la certezza della pena. Anche della condanna mi viene da aggiungere, ma si sa non si può avere tutto dalla vita. Anche se a volte mi chiedo come si senta quando si guarda allo specchio il signor marino. Garantiamo la certezza della pena. Certo. Intanto in mezzo allo sguazzo c’è qualcuno che si alza e paragona Sofri con quei due bei gioini della Mambro e del Fioravanti. Ma perché no? Lo sport rpeferito degli italiani è la riabilitazione. Che non ha niente a che fare con l’INAIL dove ti rifanno le gambe nuove anche se non le hai più.
La riabilitazione è un processo più subdolo, che pesca nell’inconscio, che rimescola nei nostri peggiori istinti, quelli che non ci permettono di odiare. Che ogni tanto è una buona cosa. Lo dicevano di Priebke, no? Con crimini sicuramente meno indegni stanno facendolo con Craxi e SB annuncia mai più Mani Pulite! Chissà se si è reso conto…
Adesso lo dicono della Mambro e di Fioravanti. Ogni tanto ci provano.
Saranno gli stessi che dicevamo che Pinochet è un povero vecchio. Quello stesso Pinochet che ai poveri vecchi e alle donne delle sue parti concedeva un trattamento speciale. Nel senso hitleriano del termine. La Mambro e Fioravanti come Sofri. Abbiamo questa coscienza politica qui. Peccato che chi abbia questi stupendi movimenti neuronali non possa aver vissuto quei giorni lì. Peccato che non abbia visto quella stazione e che passando dalle nostre parti e vedendo im muri ricostruiti di un colore diverso non si possa ricordare di quando quei muri lì non c’erano. Perché 80 persone c’erano morte sotto.
Peccato, perché forse certe stronzate in mente non riuscirebbero a venirgli. E in questi giorni, quando il signor Delfo Zorzi, ormai rispettato e straricco uomo d’affari giapponese e che guarda caso è condannato per aver preso parte all’esecuzione materiale della strage di Piazza Fontana, ritorna agli onori delle cronache, mi viene in mente che proprio quel processo, finì a Catanzaro per colpa di una norma giuridica che poi era stata abolita e che impedì che si svolgesse Milano, facendolo girare prima Roma, poi a Catanzaro, poi a Bari, prima che per vie traverse la titolarità tornasse a Milano.
Si chiamava legittimo sospetto.
A qualcuno dice qualcosa?

@2:28:00 PM - permalink - 0 commenti






E adesso arriva la pezza dei Savoia. Cominciamo con la menata del rientro della famiglia, di dove come e quando arriveranno e se quando saranno qui i bar saranno aperti. È di questi giorni la dichiarazione che condanna le leggi razziali. Non è mica niente, sono passati solo 60anni. Avranno dovuto riflettere. Adesso si sono accorti che erano state una pagina vergognosa. Oh, cosa volete che vi dica, saranno lenti nella riflessione.
Con tutti i problemi e i casini che ci sono dalle nostre parti ci mancava solo un bel rientro in pompa magna del Re.
Chissà se Berlusconi a sentire che in Italia c’è qualcuno che potrebbe regnare e che non è lui si risente un po’.
Oddio, certo che chiamarlo Altezza sarebbe un po’ eccessivo. Anche con i sopratacchi.

@2:11:00 PM - permalink - 0 commenti






Sono un po' preoccupato.
Vabbè che sono sempre stato un babbione anche in tempi non sospetti. Però mi preoccupo.
L'altra sera sono andato al cinema. Il giorno dopo a pranzo mia madre mi ha chiesto cos'ero andato a vedere. Ho dovuto pensarci, ma pensarci davvero. Non mi veniva in mente. Stamattina dopo uno stop dovuto a un demente che ha pensato bene di ammaccarmi il maggiolo, mi sono ritrovato a lavorare senza nemmeno rendermi conto della strada che stavo facendo. O che avevo fatto.
Dovevo buttare via uno scatolone di rusco e in macchina non l'ho trovato. Penso di averlo cacciato via, ma giuro non me lo ricordo.
E la cosa buffa è che invece ricordo perfettamente tutto quello che non mi riguarda direttamente. Tutto quello che riguarda le persone a cui tengo. Ricordo tutto, le parole, le intonazioni delle voci, le risate, le lacrime. Le cose importanti e quelle semplicemente di vita.
E' di me che non mi ricordo.
Vabbè, mi sto rimbambendo e bona lè. Stasera mangio pesce in bianco.

@12:24:00 PM - permalink - 0 commenti






Certo che sei strano, eh Ca? Certo che sei strano e che problema c'era a dirmelo? Dove stava la preoccupazione? Allora tutta quella discussione che abbiamo fatto, quella litigata di una vita fa a cosa è servita? Mi viene da bestemmiare...
Quando ti vedo ti fulmino. Te l'ho appena detto.

@11:03:00 AM - permalink - 0 commenti






Galleggio. E nemmeno troppo bene.
Provo a gubbiare va...

@2:17:00 AM - permalink - 0 commenti






Ma la notte è fatta per dormire o per pensare?
No, perché a me capita spessisimo – troppo spessissimo? – che passo la notte a pensare. Il che, lo ammetto, non è un gran modo di passarla.
Fino a pochi secondi fa guardavo sex & the city, puntate stravecchie, con la cara S.J.Parker ancora all’inizio del suo tacchinamento con Mr.Big. Guardavo la puntata che svariava dalle relazioni fra i sessi, all’amicizia passando per il sesso anale e pensavo.
Pensavo che tutte le cose che apparentemente sembrano più facili, più banali, in realtà sono complicatissime.
Riusciamo a progettare un robot che va su Marte e sonda il terreno. Troviamo una cura contro le malattie e se ci impegnano riusciamo a inventare una scusa quasi plausibile per muovere guerra all’Iraq e votare Silvio Berlusconi. Ma nei rapporti fra di noi siamo delle robe comiche. E invece le emozioni sono così semplici.
La semplicità delle emozioni è la danza dei panini de La febbre dell’oro. È lo sguardo che ha lui, gelato e affamato, mentre la mette in scena. Un’emozione è Stefano Accorsi che lascia andare per terra un bicchiere e il bicchiere non si rompe. Un’emozione è il treno di Cecilia Roth che scopre dal finestrino la città. Un’emozione è Roberto benigni che cerca di far ridere suo figlio anche se va a morire e lo sa. Un’emozione è il silenzio di Estha e il dolore sordo di Rahel. Un’emozione è perché le stirpi condannate a cent’anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra.
Sono cose semplici.
È provarle è una cosa semplice.
A volte basterebbe nopn avere paura.

@12:59:00 AM - permalink - 0 commenti



10 novembre 2002




Sto incitando qualcuno a scrivere. Scrivere di sé, semplicemente. Perché credo che serva, che sia terapeutico. Le emozioni della vita devono venire fuori. Tutte quante. O ingorgano le tubature, lasciano calcare come traccia del loro passaggio, incorstano i filtri, tappano le arterie, le vene, come le placche di colesterolo, impediscono il passaggio come il polline sui filtri dell’aria deelle macchine. Poi non si respira, poi il sangue non fila via bene, il pensiero si rallenta, la stanchezza cresce, le parole svaniscono, le serrature si chiudono.
E un essere umano chiuso in se stesso è come una scimmietta che ha perso il suo albero e corre, per la strada e per le case, alla ricerca di una spalla su cui salire, si un tavolo su cui arrampicarsi, di un lampadario da cui dondolante. E finisce per dimenticare di quando, un giorno non lontano, aveva sentito l’aria sulla pelle, il sole sugli occhi, l’odore del bosco e un ramo da cui dondolarsi attaccato alle mani, ai piedi. Alla pelle del cuore.

Non si deve mai vivere in cattività. Ho cercato di spiegarlo al mio amico oggi, ho cercato di dirgli che le parole spalancano le gabbie e le emozioni escono, fluide e pulite. E che non c’è niente di male ad aver voglia di piangere, anche tutti i giorni, perché ci sono stati giorni in cui avevamo voglia di ridere tutti i giorni e ci saranno ancora.
Mai perdere la speranza e la voglia di lottare. Io l’avevo persa una volta e non è una cosa bella, sapete? Vira tutto al nero.
E il mondo è così fottutamente pieno di colori.
Cazzo, ce ne sono così tanti.
Così lotto e incito alla lotta, sempre.
L’ho fatto oggi.
Lo farò sempre con te. Come adesso.

@6:52:00 PM - permalink - 0 commenti






@6:44:00 PM - permalink - 0 commenti






Ho un po’ il cuore stanco, ma è quello che ho dovuto scrivere. Ieri pomeriggio, ieri notte, stamattina e oggi pomeriggio. Due ore fa, però, ne avevo abbastanza. Ne avevo abbastanza e mi sono cocnsso due ore di svago purssimo. Due ore di Tomb raider TLR, con un po’ d’incazzo per averci perso la mano e vedere che muovo Lara come fosse una zia della bassa padana, di quelle col vestito rosa a fiori e tanti pettegolezzi sulla punta della lingua.
Quelle due ore, però, sono servite almeno un po’ a ripulirmi la testa da una bella quantità di ciarpame. Non il cuore, però. Quello fa fatcia a ritrovare una sua collocazione equilibrata quando lo costringo a rovistare in certe emozioni, quando lo caccio sotto con la testa in una tinozza d’acqua un po’ putrida. Non mi ama molto quando lo faccio.
E mi è venuto in mente Red Dragon, ma più il libro del film. Nel romanzo Graham ha qualcosa di molto simile a una capacità extrasensoriale. Immaginazione la chiama Lecter nel film e credo che sia molto vero. Io non so cosa sia il talento. So però che spesso e volentieri a una capacità di somma una debolezza. Conosco persone geniali, assolutamente geniali in quello che fanno. Scrivere, recitare, inventare, filmare, fotografare. Ne conosco e ne ho conosciute molte.
Ed erano quasi tutte di una fragilità impressionante. Tutte.
Io non credo di essere geniale. Ma la capacità di inventare storie, di sentire la realtà tanto da poterci ricamare sopra – che in fondo raccontare è solo e soltanto questo -, crea delle falle, apre delle brecce,
Sono un po’ masochista, credo, perché sarebbe molto più semplice non scrivere di queste cose, non costringersi a vivere e rivivere. Sarebbe più facile e più semplice.
Ma più codardo e io non sono codardo. Così ho chiuso la porta di camera mia che nessuno deve entrare qui dentro quando le cose vanno così e ho picchiato sui tasti come un forsennato. Picchiato fino a farmi venire le vesciche alle dita e alla testa e alla fine qualcosa di simile a quello che avevo in mente è venuto fuori.
E c’è voluta lara Croft, con la sua coda volteggiante e il suo ah ah, con la tomba di Seth e altre cagate simili per rinfrescare un po’ l’ambiente.
Troppi pensieri, a volte, fanno male.
A volte penso – e te dai! – che un po’ di sana stupidità sarebbe perfetta.

@6:41:00 PM - permalink - 0 commenti



09 novembre 2002




Oggi ti ho odiato. Oggi ti ho odiato perchè mi hai impedito di fare una cosa per il semplice gusto di farlo e non ho modi, mezzi, possibilità per fartela pagare. Oggi ti ho odiato perché mi tratti da cuscinetto, da tavoletta del tuo personalissimo cesso, da molla con cui scaricare tutti i tuoi incazzi e non ne posso più. Oggi ti ho odiato perché non ti avevo chiesto un czzo, solo di lasciarmi stare e invece è semplice no? È semplice attaccarsi a me per qualche stronzata,vero? È semplice ricordarmi come secondo te perdo il mio tempo, come secondo te farei meglio a fare dell’altro, a smetterla con queste menate che mi tengono attaccato alla tastiera per scrivere. Questo lo pensi, lo hai sempre pensato, nel tuo piccolissimo mondo dove conti solo tu, dove lo spazio per altri sentimenti non c’è se non in qualche piccolissimo spazio dentro di te, qualche piccolissimo spazio talmente nascosto, talmente in culo al mondo che nemmeno tu sai più dove sta nascosto. Talmente in fondo che nemmeno se andassi a cercarlo forse lo troveresti.
Oggi ti ho odiato perché hai tirato furoi di me delle cose che non sopporto, che ho bruciato e sepolto e di cui è rimasta solo la cenere, ma anche quella troppo schifosa per poterne sopportare l’odore. Oggi ti ho odiato perché nel tuo bel vestito griffato mi hai guardato e zittito con un gesto della mano, ignorato come hai sempre fatto tranne quando ti faceva lustro. Ignorato in pubblico e in privato e amato in segreto. Che è la cosa peggiore. Oggi ti ho odiato perché mi hai fatto piangere e io non voglio più piangere per colpa tua.
Oggi ti ho odiato, papà. Ti ho odiato soprattutto perché mi hai fatto trattare male una persona
E questo non te lo perdonerò mai. A te e a me stesso.

@4:51:00 PM - permalink - 0 commenti






Fate silenzio sennò vi stacco le palle e poi ci gioco a tennis contro il muro della Mecca!
Lei è meravigliosa....

@12:43:00 PM - permalink - 0 commenti






Scrivo perché non so fare altro.
Scrivo perché nelle notti fredde come queste, fredde di fuori e forse fredde un po’ anche dentro, le parole possono aiutare. E le parole non sono simpatiche o tristi, le parole non hanno umore. Le persone, quelle sì che ne hanno. Le persone che le scrivono.
Scrivo perché le dita corrono da sole.
Scrivo perché non voglio essere come mio padre e scrivo perché in certi momenti invece vorrei avere qualcosa in più di lui. Adesso per esempio.
Scrivo perché non so fare altro.
Scrivo per riempire lo spazio, chè si scrive anche per quello, perché le parole fanno massa e la massa riempie il vuoto. Qualsiasi vuoto. Come il cibo. Scrivo perché sono un bulimico di parole e a volte un anoressico di emozioni. Ma anche il contrario.
Scrivo perché la mia vita non è un romanzo.
Scrivo perché non so fare altro.
Scrivo perché ho paura di sbagliare e perché sono sempre sicuro di quello che faccio. Scrivo per combattere le scale di grigio e mettere in piedi un mondo che possa usare i colori. Scrivo per qualcuno che mi legge, una sola persona.
Scrivo come se fosse un regalo o una minaccia. Scrivo perché da qualche parte devo mettere quello che sento, se proprio non sono capace di tenermelo dentro. Scrivo come fosse una scopata o una carezza.
Scrivo perché non so fare altro.
Scrivo perché SB che chiede la grazia per Sofri è come xse il gatto e la volpe la chiedessero per Pinocchio.
Scrivo quando il respiro mi si spezza perché piango e quando mi si spezza perché rido. Scrivo perché non ho sottomano un vasetto di nutella e perché non so fare il calciatore.
Scrivo perché sono fottutamente innamorato e bona lè.
Scrivo perché so che a volte questo posto è un posto pesante e lo so e forse mi dispiace, ma sono fatto così.
Scrivo perché non so fare altro.
E quando non scrivo, Vivo.

@12:48:00 AM - permalink - 0 commenti



08 novembre 2002




..e a proposito di essere sempre quello che si vuole essere e di affermare sè stessi...
Lei scrive dei testi splendidi...

Lascerò tutti i miei figli ad un futuro incerto/ mangerò composta a tavola con mani giunte/ piangerò con discrezione senza dare nell'occhio/ dormirò come se fossi morta/ Pregherò affinché tu possa avere tutto ciò che vuoi/ soldi, macchine e una donna al giorno/ e la possibilità di avere tutto e subito/senza aver bisogno di essere mai perdonato/ I say fuck you/ You will never know what's going on my mind/ so you better watch out/ Non reagisci più e hai lo sguardo spento/ stai sudando freddo e parli al vento/ non fai più il superbo né l'onnipotente/ la tua voce incerta ti tradisce/ Asseconderò ogni tua perversa inclinazione/ proverò ad interpretare ogni tuo malumore/ sarò pronta accanto a te quando verrà il momento/ quando il tempo ti restituirà quello che hai dato/ I say fuck you/ you will never know what's going on my mind/ so you better watch out/ Non reagisci più e hai lo sguardo spento/ stai sudando freddo e parli al vento/ non fai più il superbo né l'onnipotente/ la tua voce incerta è debole/ What's going On My Mind/ stai sudando freddo e imprechi contro il vento/ non fai più il superbo né l'onnipotente/ la tua voce incerta ti tradisce .. ti tradisce

@12:19:00 PM - permalink - 0 commenti






@12:14:00 PM - permalink - 0 commenti






Ieri, prendendo come spunto lo spot ossessivo su la morte a Venezia di Mann, mi è capitato di parlare di quello che siamo, che vorremmo essere e che ci costringono a essere. O ci costringiamo.
L'inclinazione omosessuale di Mann è manifesta. Famosa, se pensiamo che lui stesso disse che in Morte a Venezia nulla era inventato.
Eppure Mann ha fatto 6 figli. E parliamo degli anni a cavalo fra '800 e '900.
Anni prima erano nati i due figli di Oscar Wilde. Che per le sue inclinazioni sessuali finì pure in prigione.
Sono solo due piccoli esempi.
Oggi dovrebbe essere molto più semplice essere se stessi. E non sto parlando solo di omosessualità, ma proprio di personalità.
Ci vuole coraggio a essere davvero come si è, a non nascondere la propria personalità, a farla esplodere in faccia al mondo. A essere timidi se si è timidi, sfrontati se si è sfrontati, folli se si è folli. Perchè là fuori, nel reality game che ci tocca di vivere tutti i giorni, i ruoli sono ben definiti e spesso sono molto simili. Spesso addirittura uguali.
E noi non lo siamo. Per questo insisto tanto con l'essere sè stessi, esprimere sè stessi,prendere le maschere e buttarle nel rusco, girare a testa alta, rifiutare il proprio ruolo, se non è quello che si vuole.
Affermazione di sè, un termine un po' pomposo. Autostima, un altro termine un po' pomposo.
Tutto per dire che è già abbastanza difficile là fuori, che il gioco è già duro da giocare di suo. Ma che quello che accade ogni giorno riesce sempre a sorprenderci. E che vale la pena tenere gli occhi aperti. E tirare fuori quello che si è.
A volte non è facile, lo so per esperienza diretta. Perchè ti guardano un po' strano. Un po' come quelli che sono stati staccati da Matrix, che vivono il proprio sogno e non quello che gli viene imposto da fuori.
Vivere il proprio sogno. Magari con qualcuno che lo condivida e che sappia davvero capirlo. Qualcuno che ti guardi e che per qualche bizzarro scherzo del destino ti riconosca.
Perchè vedete, sono convinto che alla fine le persone vere si riconoscano fra loro. Come una setta segreta, la Premiata Carboneria dei Senza Maschera. Che a volte fa nche nuovi proseliti.
E se sul vostro schermo appare un giorno un cursore lampeggiante che vi dice di seguire il coniglio bianco, beh, fatelo.
Ci sono tane nascoste in cui si rischia di scoprire cosa sia davvero la vita reale.

@12:13:00 PM - permalink - 0 commenti








Buonanotte e buongiorno, regina di tutte le padelle.
Bella, quindi e padellata e padellante. Voce sontuosa da telefonia sexy, sorriso accarezzato dal broncio, attraversato da una smorfia di sfida.
Buonanotte e buongiorno alle nuotate sott’acqua, agli stivali sul parabrezza, come una freccia doppia che indica il cielo.
Il tempo con te non passa. Semplicemente scivola, mi scivola addosso come fosse quel quadro.
Si chiama la persistenza della memoria.
Quello che vivo con te, breve o lungo che sia, mi resa attacato addosso come una seconda pelle. Come un odore. Come un profumo che scalda, in queste prime notti fredde d’autunno.

@12:56:00 AM - permalink - 0 commenti



07 novembre 2002




Serata duretta, a verificare la personale versione di Java che MS ha definito a casa sua. Due gran palle.
Serata duretta anche per il mio di sistema operativo. Quello dei neuroni. Duretta perchè vorrei qualche conferma che non ho e che non avrò e mi restano le parole che ancora non sono di carta. E che spero non saranno di carta straccia. Duretta perchè avrei bisogno di un refresh e me lo sto facendo coccolandomi con un sacchetto di lindor che spazzolo senza ritegno.
Due per volta.

@7:14:00 PM - permalink - 0 commenti






Lo ammetto, a volte sono stordito. Così quando Fiorello faceva l’imitazione di la Russa non avevo capito che il figlio del parlamentare si chiamava davvero Geronimo. Chissà se in onore del capo indiano o del grido di battaglia dei marines. Non contento, al suo secondogenito, che ha un primo nome normale, ha affibbiato come nominativo il nome di una tribuù, Apache. Evidentemente gli indiani da quelle parti riscuotono un grande successo. Forse vivono in un grande tepee. E altrettanto evidentemente i politici hanno una fantasia piuttosto bizzarra nel massacrare i propri figli con nome terrificanti, se pensiamo che il figlio del caro Bossi si chiama Eridanio. Come il fratello maschio deello zucchero. O un’antica divinità, decidete voi da dove l’ha preso.
Ma le perla delle perle le trovo su un servizio che il venerdì della settimana scorsa – il giornale, non il giorno della settimana eh? – dedicava ai nomi bizzarri che per motivi politici o no venivano assegnati ai malcapitati procreati.
Un chimico ha chiamato la figlia Formaldeide.
La defunta moglie di Cuccia si chiamava Idea Socialista.
Non riesco a non farmi venire in mente una battuta geniale di Amarcord, quando il barbiere raccontando di essere l’ultimo di 13 fratelli e aggiungendo che i genitori si erano stufati di sfornare pargoli, conclude dicendo di chiamarsi Definitivo.
A volte però il reale supera l’immaginario.
E allora un signore di Forlì ha deciso di chiamare i sui tre figli Rivo, Luzio e Nario.
Meriterebbe un Nobel. Per la Pace, naturalmente.

@2:46:00 PM - permalink - 0 commenti






Abbiamo bisogno di catalogare, spesso lavoriamo come degli immensi scatoloni, dividendo bainco e nero ignorando che tutto invece vira eternamente al grigio.
In questi giorni il vaticano ha deciso di impedire agli omosessuali di prendere i voti. Ecco la risposta che cercavo. Un po’ come il medico che in risposta al paziente che gli chiede lo stato del suo malessere risponde di non preoccuparsi, che tutto andrà a posto. E gli spara, uccidendolo.
Ma si può?
Il parallelo omosessualità pedofilia lo trovo vergognoso.
Mi risulta che ci siano uomini adulti eterosessuali che violentano e magari uccidono bambine. Mi risulta che ci siano uomini adulti eterosessuali che violentano e magari uccidono donne adulte. Mi risulta che spesso chi violenta bambini non è affatto omosessuale. Assolutamente no.
E così un’occasione per parlare di una cosa seria è srepcata per fare un po’ di baraccone. E così un’occasione per diventare finalmente moderni si riallaccia all’ennesima fuga inquisitoria nel passato. E all’ennesima condanna dell’omosessualità. Ma la religione non è amore? E allora saranno liberi di amarsi fra loro se vogliono? Un uomo sarà libero di dire ti amo a un altro uomo? Avrà la possibilità di andarci a letto senza essere tacciato di perversione o peggio di anormalità. Sono malati, no? Non è questo che pensate? E adesso anche pericolosi.
Complimenti.
E tanto per sparare su un infermo – o peggio – oggi sento dire che l’unico vaccino contro l’AIDS è la castità. E avanti. A parte il fatto che vorrei capire come si concilia l’esigenza di dare un figlio a Dio con la castità. E come la mettiamo con le trasfusioni di sangue? Lo accomuniamo a una scopata?
Ma non c’è una frase della Bibbia che parla di travi e di pagliuzze?
Ho l’impressione che da quelle parti le travi negli occhi siano diventate così grandi da far diventare tutti quanti ciechi.

@2:39:00 PM - permalink - 0 commenti






Domanda di RMC di oggi: che rapporto avete col sesso.
Risposta di un ascoltatore. Non ne ho idea, ma ultimamente mi è calata la vista.

@12:41:00 PM - permalink - 0 commenti






Adoro Takeshi Kitano. Adoro il suo modo di fare cinema, di muovere i personaggi, di non farli parlare.
Ho adorato Sonatine, Hana bi, Brother. E adesso Dolls.
E nell'attesa di andare a vederlo metto il poster.
Mi sembra un bel modo di iniziare la giornata.

@12:40:00 PM - permalink - 0 commenti






Credo che a volte sia necessario. E mi dispiace scrivere robe così lunghe, perché quando leggo il blog di qualcun altro i post lunghi spaventano sempre un po’.
Ma le parole sono quelle che sono, allungano la loro vita, si increspano, si assotigliano a seconda degli stati d’animo.
Così chiedo scusa per la lunghezza.
Prima di tutto a te che stai dormendo, che spero stia sognando e che chissà se avrai la forza di arrivare fino in fondo alla terribile sbrodolatura che segue queste righe.
Buonanotte a ognuno dei tuoi sogni.

@1:17:00 AM - permalink - 0 commenti






Avrei voluto scrivere d’altro. Avrei voluto scrivere qualcosa di divertente, ma non ci riesco. Sono troppo schifato. Davvero troppo. E quando sono schifato, scrivo. Qui.

Qualche anno fa il cinema americano tirò fuori dal cilindro un personaggio geniale. Lo interpretava Peter Finch in un film sulla televisione che in Italia abbiamo avuto la brillante idea di intitolare Quinto Potere. Il personaggio in questione era un famoso e vecchio anchor man che una sera dalla sua platea del tg cominciava a urlare, a inveire, a pontificare contro tutti i mali del mondo, con un po’ di qualunquismo, una giusta dose di populismo e tanta, tanta furbizia.

Oriana Fallaci mi ricorda quel personaggio.
Solo che mi sembra sia la deriva di quel personaggio.

Signora Fallaci – le scrivo in prima persona rubandole un espediente narrativo a lei noto – lei chiede rispetto. Rispetto per la sua città. È giusto. Rispetto per i suoi monumenti. È giusto. Rispetto per la Legge. È giusto. Tutto giusto.
Ma mi restituisce un senso di fastidio pensare che lei chiede rispetto, ma non si sogna di darne. Lei non sa nemmeno cosa sia il rispetto.
La cito. Ai suoi concittadini: Chiudete tutto, abbassate le saracinesche, metteteci il cartello che i coraggiosi misero nel 1922 cioè quando i fascisti fecero la marcia su Roma. “Chiuso per lutto”
E ancora: sentitevi come nel 1944 cioè quando i tedeschi fecero saltare in aria i nostri ponti e via Guicciardini, via Por Santa Maria. Se comprendo l’italiano sta dicendo che i manifestanti sono fascisti. E nel caso non fosse chiaro come la pensa, sottolinea che i manifestanti, i figli di papà che vivono alle spalle dei genitori amano Bin Laden e rispettano Saddam Hussein e si inchinano ai regimi teocratici e militari dell’Islam. E erano i primi a sghignazzare l’11 settembre.
E allora le chiedo con quale diritto dal suo eremo ovunque lei si trovi – anche se dice che sarà a Firenze -, dal suo bel pulpito grazie al quale strombazza su noi poveri mortali migliaia di caratteri di questo glorioso pensiero tollerante, si permette di attribuire agli altri questi pensieri. Con quale diritto chiama fascista un gruppo che si riunisce per manifestare e che lo fa, fino a prova contraria, in modo del tutto pacifico.. Con quale diritto afferma che quela gente ha esultato o peggio sghignazzato nel vedere le torri crollare. Con quale diritto può die che ammira Saddam Hussein o che rispetta Bin Laden? Con quale fottuto diritto – uso la parola fottuto, madame, perché lei si permette di scrivere bestemmie. La consideri una par condicio – si permette di dirmi come la pensano? Con quale?

Le dirò una cosa. Personalemente condivido alcune dei motivi per cui manifestano a Firenze. Li condivido. Le dirò, avevo anche pensato di farci una scappata, chè Bologna non è distante. Pensi un po’. E quindi sarei un fascista?
E non sono un figlio di papà, non vivo alle spalle dei miei genitori, lavoro, studio, conosco quel po’ di storia che mi hanno insegnato a scuola e quel po’ di più che ho avuto voglia di conoscere da solo. Visto che parla anche di Conoscenza.
E sa una cosa: io sono sicuro di non essere un fascista.
Io sono sicuro che la guerra in Iraq sia una grandissima merdata, ma non rispetto Saddam Hussein. E non penso che la pace si difenda solo con la pace.
Io penso che Bin Laden non sia il concentrato di tutti i mali del mondo, ma non lo amo, non lo rispetto, lo considero quello che è: un criminale.
Io l’undicisettembre ho pianto signora Fallaci, ma mi sento non solo in diritto, ma in dovere di dire che è necessario che si pensi ai motivi che hanno scatenato tutto quell’odio. Ai motivi veri o presunti. Ai motivi. Perché non si sterminano i moscerini semplicemente schiacciandoli uno alla volta con un vocabolario. Bisogna capire perché volano.

Lei predica lo sdegno come forma di vita. Lei predica la rabbia come forma di vita, come unica forma di espressione e rappresente così bene la nostra forma mentis, quella che cerca sempre un nemico da combattere o – meglio ancora – da abbattere, da farmi quasi sorridere.
Sorridere perché ho sempre pensato che le persone si dividano in onesti e criminali. Onesti e criminali, non Islamici e Non, non manifestanti e poliziotti. Onesti e criminali. E dico che è criminale devastare genova, distruggere negozi, imbrattare i monumenti. Ma che è altrettanto criminale mandare militari di leva in mezzo a squadriglie di neoguerriglieri preparati al combattimento e mandarli con le armi pronte a sparare. Perchè il colpevole non è chi spara in preda a una paura che non è addestrato ad affrontare, ma chi lo ha messo sul posto, pronto, con la pistola carica in mano. Criminale quanto l’aggressore.
È accomunato a lui anche dall’impunità.

Per questo trovo fascista il suo modo di pensare. Totalitario. Lei critica il fondamentalismo islamico, ma il suo che cos’è? Che differenza c’è fra il suo modo di pensare e quello di un kamikaze? Se c’è, qualcuno me la spieghi, perché io non la trovo.

Vede, io resto convinto che le soluzioni si trovano parlando, discutendo, dicendosi le cose pane al pane, ma confrontandosi. Con coraggio, certo. Con forza, certo. Ma senza preconcetti. E mi piacerebbe vedere lo stesso sdegno per altre cose. Mi piacerebe vederlo per certe leggi, per certa politica, per certe ingiustizie, per la guerra in Iraq o l’idea dell’attacco preventivo. Mi piacerebbe vedere la stessa forza, lo stesso sputante disgusto. Ma dubito che lo vedrò.
Come sono certo che alla fine lei avrà ragione quando, paradossalmente, conclude dicendo che non succederà niente. Sono sicuro.
E mi viene spontaneo chiedermi perché allora questo articolo. Mi viene spontaneo chiedermi se non c’entri qualcosa quella riga che conclude la sua vibrante arringa da pasionaria in Fay. Quella riga che in un carattere più grande di tutto l’articolo cita l’anno del copyright, il suo nome e la casa editrice.

Certo, se le facessero questa obiezione lei replicherebbe giustamente sdegnata. Magari con un’altra lunghissima pagina del Corsera, come quella di oggi.
Forse è per questo che mi auguro che nessuno gliela rivolga.
Perché un suo articolo di questo tenore ogni sette o otto mesi mi sembra già francamente eccessivo.

@1:13:00 AM - permalink - 0 commenti


 
 
Qui&Ora
Salman Rusdhie, Shalimar il clown
Giorgio Bocca, Noi terroristi
The Kooks, Naive
 
Blog
 
Letto
 
Visto
 
Letto (prima)
 
Visto (prima)
 
 


This page is powered by Blogger. Isn't yours?