19 novembre 2002




A volte mi chiedo che giorno sia a quest’ora. Che giorno è mezzanotte e mezza. A quest’ora ho pensieri sospesi e la mia notte di pensieri sparsi che rimbalzano sulle pareti del flipper comincia proprio adesso. Da quel messaggio che al passaggio a tutti zeri dell’orologio digitlae spedisco inbustato in una bottiglia di onde telefoniche.
Non so che giorno sia, davvero. So che ho pensieri confusi che tentano di raddrizzarsi come la fune di un fachiro, come il cobra di un incantatore, come la rima in bocca a un poeta.
So che a volte mi sento una piccola barchetta che diventa uno yacht e certe sere è un po’ come se scoprissi che lo yacht in realtà era solo carta di un giornale più grande. E che imbarca acqua lo stesso.
So che cerco di distillare sogni come si fa per i liquori e che a volte ci riesco e a volte no e ancora non ho capito come faccio quando ci riesco e come faccio quando non ce la faccio.
So che vorrei davvero sapere chi sono, ma saperlo veramente e non sentirlo soltanto e so che saperlo con certezza è più difficle che indovinare in che giorno siamo ora.
So che troppo spesso viaggiamo come appesi a piccoli fili, come fossimo marionette di cui siamo il pubblico e il burattinaio e a forza di inventrci tutti i ruoli finiamo per perdere di vista lo spettacolo vero e proprio.
So che capita che le cose belle ce hai sotto gli occhi tutti i giorni finiscano per non farti nessun effetto, perché sono lì, come un polinesiano che guarda la sua spiaggia e non capisce perché per tutti sia così stupefacente. So che succede. So che a me non capita e non so perché.
So che ci sono momenti in cui proprio non capisco da che parte girino le ore e i giorni e l’asse di rotazione terrestre e altri in cui anche solo respirare mi fa sorridere.
So che quando credo in qualcosa o in qualcuno ci credo davvero fino in fondo.
So che vorrei sapere come si fa a lasciarsi stare ogni tanto, perché pare che a me piaccia tanto sferruzzarmi e tenermi lì.
Ma so che voglio viverli tutti quei momenti, quando sono in altalena e quando scavo. Ogni lacrime e ogni risata.
Viverli come se fossero una lotta sempre diversa, un muro novo da scalare, una mano da tendere, un cuore da sentire battere, un ncioccolatino e un sorriso, un cazzotto in faccia e una pernacchia.
Viverli tutti dal primo all’ultimo.
Anche se a volte mi facci cagare, anche a cavallo fra ieri e oggi sono orgoglioso di quello che sono.

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