25 novembre 2002




Fuori Bologna è silenziosa, come se dormisse.
Certe città non russano. Certi posti non russano. Hanno sogni che le fanno urlare o notti tiepide e lunghe come le ciglia delle donne mediorientali. Certe città si addomentano su un fianco e durante la notte si muovono lente e morbide che te steso di fianco non te ne accorgi e capisci che ci sono solo quando te le senti accoccolate contro, calde, vive, con la pelle che ha un profumo che conosci bene. Certe città a volte ti svegliano nel cuore della notte e ti guardano con quegli occhi, con due occhi che qundo li vedi allora sai che non dormirai più. E non è una questione di tette o di voglia. Non è solo una questione di tette o di voglia. È una questione di vita. Certe città a volte passano le notti in bianco perché hanno paura. E forse non sanno di cosa o forse sì e ascoltano i camion che vanno verso la yugoslavia e che prendo l’autostrada ad Arcoveggio con una specie di rassegnata tristezza. Certe città si stirano quando torna la luce e sanno che luce torna sempre, per quanto sia stato lungo e freddo e triste e tero il buio. Per quanto l’incubo ti abbia tenuto soffocato sotto il cuscino che quasi bnon respiravi, come in apnea.
Ci sono città che dormono dentro di noi con quel silenzio che è una parola. Quello stesso silenzio che da quassù, con tutte quelle luci, mi regala ogni sera un posto come Bologna.
Bologna che non potrei vivere da un’altra parte.
Bologna che mi ascolta e che mi parla.

Bologna che è esattamente uguale a te.
Adesso, stasera. Mentre ti penso.

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