26 novembre 2002




Le parole giocano stranissimi effetti. A volte hanno anche magie strane, proprie, quasi impercettibili. A volte urlano, a volte sono quasi invadenti, eccessive. A volte mancano.
Finirà che le parole saranno davvero il mio mestiere e allora come la metterò? Adesso, davvero, non so cosa pensare. Non so come pensare, che la testa mi viaggia in direzioni diversissime fra di loro e tutte strane, tutte storte, arrotolate come un gomitolo senza bandolo. Aggrovigliate come i nodi che si formano nella lana dei cuscini e che dicono portino una gran sfiga.
Ma io non credo alla sfiga, non credo alla sfortuna. Credo alla forza delle persone e a maggior ragione stasera che mi sento in astinenza. E ne conosco bene i sintomi. Conosco cosa significa quel crampo che ti prende alla bocca dello stomaco in notti strane e lunghe un po’ troppo umide. Lo so cosa vuol dire quando qualcosa ti chiama e sembra darti la soluzione a tutti i tuoi problemi. Solo che poi scopri che non te la dà. Solo che poi scopri che è proprio il problema. Quel richiamo lì. La conosco quella sensazione.
Vale per tutto. Vale per la cioccolata, che stasera ho il frigo vuoto e mi pare di diventare matto. Vale per la coca o per l’ero. Vale per i brutti pensieri, quelli che non ti lasciano stare, quelli che ti fai da solo e che nascono, crescono e si nutrono di quello che non vuoi, fino a farti credere che sia giusto.
In fondo siamo tutti un po’ cannibali. Solo che anziché mangiare gli altri, finiamo spesso per nutrirci di noi stessi.

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