17 luglio 2003




Stamattina si parla di tennis.
Non qui nel blog. A lavurer.
Si parla di tennis perchè i miei due soci mi hanno chiesto delle mie (dis)avventure tennistiche.
Così, raccontando di tornei vinti e persi, di pippistrelli colpiti da un pallonetto sul match ball a favore (e della partita poi persa) e di altre cazzate e cose pseudo serie di questa tipologia, ho scoperto che il tennis non mi manca.
Non mi manca il mondo del circolo, un posto piccolo di invidie e di rivalità costruite, gonfiate e pompate sempre per un motivo. Non mi manca la barbara semplicità della maggioranza dei soci che ho conosciuto, pronti a considerarsi superiori a te solo perchè un atleta è per definizione un minus habens. Gente che ti guarda male se la domenica in piscina ti presentavi con Kafka invece che con un libro di Francesco Salvi.
Il mondo dello sport è un mondo di gente spesso non cresciuta. Un mondo in cui mi sono trovato sempre male, ma che mi ha insegnato a lottare contro tutti e contro tutto. E a crederci sempre, anche quando sembra che non ci sarà il punto successivo. Butta la palla di là, può darsi che non torni indietro è una frase che vale sempre. Un mondo pronto a buttarti via in un decimo di secondo quando non servi semplicemente più. Un mondo in cui uno come me è sempre stato uno strano, per carattere, per interessi non capiti e spesso derisi e per tipo di gioco. Un mondo falso, alla fine. Forse assomiglia semplicemente a tanti altri mondi, ma non lo rimpiango.
Rimpiango una cosa sola. La soddisfazione di stringere la mano, alla fine di una partita vinta, a un avversario che ti sta sulle palle. Guardarlo negli occhi e spalancargli in un sorriso il Grazie di rito. Questo sì, lo rimpiango.
Ma cerco di farlo in altri modi.

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