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27 luglio 2003
Nel tentativo smodato di grattarmi la schiena mi sono strappato.
E così il weekend è ansdato davvero in gloria e così sia. Due Aulin e tutti i mali se ne vanno, tranne quelli che senti in posti diversi dai muscoli e dal corpo. Quelli che senti in quel punto di te stesso in cui sei quello che sei.
C’è un vetno fastidios che porta un minimo di fresco, ma che mi fa incazzare perché fa volare via foglie e appunti e tutto quello che ha un peso in feriore ai due chili.
E anche la luce in questi giorni diventa pesante, come pesante è leggere i giornali con le imprese di Castelli che come tutti gli ingegneri – e quindi come me – è specializzato nel creare problemi dove non ci sono.
Giornali con dodici figli che vogliono andare in frie e che invece di mettersi d’accordo preferiscono abbandonare la madre di 81 anni al caldo rischiando che muoia. O forse – capisco che sia pensare male – sperandolo.
E pesanti sono i miei pensieri, davvero troppo pensati anche per essere scritti qui dentro che è un posto totalmente mio, ma in cui ancora un po’ di pudore mi rimane.
Nella vita no, di pudore non ne ho. Non ne ho per dire quando qualcosa mi manca o qualcuno mi manca, per urlare quello che sono, come sono e quando lo sono. Per pensare, come ho fatto in macchina venerdì dopo aver firmato dal notaio la costituzione della mia società, che in fondo sono sempre il bambino che ero vent’anni fa e che sono solo aumentate le preoccupazioni, i problemi, il carico sulle spalle.
Alla fine è la vita che ci costringe a crescere, non sono gli ormoni che ti fanno tirare il cazzo o crescere le tette. Non sono i peli che ti crescono sul petto o che ti strappi dalle gambe. Non sono gli anni che passano e che ti fanno calare i capelli o che ti disegnano agli angoli degli occhi quelle rughe piccole che vengono quando uno sorride.
È la vita, porchissima troia. È la vita che ti grandina addosso casini e problemi. È la vita che ti illude, ti aiuta e poi ti abbatte con una mazza da baseball. È la vita che ti fa pensare con malinconia e momenti passati e che ti fa inseguire un sorriso, una mano, un profumo, sperando di vederli girare dalle tua parte.
E di vederli sorridere.
È la vita che fa tutto.
Noi siamo sempre gli stessi bambini di una volta.
Gli stessi che continuano a pensare ogni giorno che cosa faranno da grandi.
Anche adesso che grandi, la vita, li ha costretti a diventare.
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Salman Rusdhie, Shalimar il clown |
Giorgio Bocca, Noi terroristi |
The Kooks, Naive |
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