07 luglio 2003




Ci sono delle sere in cui si siede in terrazza e guarda fuori. Come sta facendo adesso. Si siede e cerca di ascoltare il rumore della città, sotto, talmente vicina da poterla toccare.
Un tizio che fa jogging e fila come un treno girando intorno al parco. Lo vede infilarsi in fondo alla strada e sparire e poi tornare fuori di nuovo, come se i suoi pensieri fossero scadniti dal tempo al giro di quel corridore. A volte gli pare anche di sentire i pensieri che gli sfilano in testa. Li sente e si ricorda di quando lui va a correre, di come le sue idee e le parole che gli massaggiano i pensieri, fossero tratteggiate come il suo respiro rotto dalla corsa.
Capire non è mai stato il suo forte. Soprattutto capire se stesso. Troppi pensieri e troppo rumore di fondo, come il ronzio che ti rimane in testa dopo una notte in disco. Se fosse una trasmissione televisiva l'immagine si vedrebbe tutta annebbiata, i colori mescolati, i volti allungati e nascosti dietro una strana nebbia colorata male.
Colorata come il cielo che vede scendere con il sole che chiude i battenti.
Colorata di quelle strane tinte pastello che sono malate come lo smog che le dipinge.
Colorata come i suoi occhi che crescono verdi quando la luce cala.
Occhi che guardano fuori cercando di vedersi dentro.
E quasi sempre non ci riescono.

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