27 aprile 2003




Quando ero piccolo sognavo sempre i mostri. E anche ora da adulto, ogni tanto, mi capita, ma non riesco più a fregarli.

Niccolò Ammaniti, Io non ho paura


Anch’io da piccolo sognavo i mostri. Li sognavo ed erano quasi sempre robe tipo i vermi, cose senza occhi e con troppi denti. Troppi denti per stare in una bocca chiusa. In una bocca sola.
Chissà che mostri sogna Michele.
Me lo sono chiesto oggi, al cinema, mentre mi è tornata in mente quella frase. Come tu puoi immaginare non esattamente com’è scritta. Chissà che mostri può sognare ora da adulto uno che ha scoperto da piccolo che i mostri veri, quelli che fanno paura, stanno nel mondo reale. E spesso hanno delle facce a cui vuoi bene, delle facce che ti mancano quando non ci sono. Gente di cui ti fidi. Persone che hanno un sorriso forse buono. O almeno tu – o io – a 10 anni li vedi buoni.
C’è il mondo di un bambino in Io non ho paura e alcuni meravigliosi debiti con It. Debiti dovuti e inevitabili.
C’è il mondo dei bambini e la crudeltà dei bambini, quella semplic,e diretta, elementare. Quella che non passa sopra a niente.
C’è il gioco inventato con niente e far finta di essere un caccia in mezzo al grano, le mani aperte a simulare le ali. E correre dritto per dritto su per il grano a evitare una penitenza. E i rapporti con l’amico del cuore che ti tradisce e poi ti chiede scusa, come succede solo da bimbi.
E c’è la semplicità dei rapporti che solo a quell’età si ha. Quel siamo uguali perché abbiamo la stessa età e facciamo la stessa classe. Siamo uguali, anche se tu hai una casa e mi porti il pane e io sto dentro a un buco e sono morto e la mia mamma è morta e il mio papà e non posso tenere gli occhi aperti perché la luce mi fa male.
Siamo uguali. Anche nel mondo di conoscere il mondo. Perché un bambino a quell’età è come un cieco che impara ogni giorno a conoscere un colore nuovo, una forma nuova, un sogno nuovo, un incubo nuovo.
Anche in una grotta. Anche in una casa.
E l’infanzia è chiusa nel libro di Ammaniti e nel film di Salvatores. Con i suoi giochi, con la cattiverie e l’ingiustizia e le prove di coraggio, con il non capire il mondo dei grandi e con la capacità di poter amare anche chi capiamo che fa del male. Con la semplicità e l’incoscienza.
E con la certezza che da grandi non sarà più così.
E che cercheremo per tutta la vita di capire perché non lo è più.
Perché non saremo mai più capaci come allora di dire di non avere paura sapendo con assoluta certezza che è vero.

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