12 aprile 2003




Prima ho preso una pizza a domicilio.
L’ho presa nel solito posto e me l’ha portata il solito ragazzo.
Avrà più o meno 25 anni e dall’aspetto credo che sia indiano. Credo anche che non sia da molto in Italia perché fa fatica a capirti.
L’ho pagato lasciandogli quei quattro spicci di mancia che facevano pari il conto. Lui sorridendo, con ancora il casco della moto in testa mi ha chiesto se parlavo inglese e poi che lavoro faccio.
sono ingegnere gli ho detto e di certo con la maglietta di Copperfield, i pantaloni della tuta, spettinato e barbone non facevo onore alla categoria.
Lui ha sorriso ancora di più e mi ha risposto io sono laureato in matematica.
Non ho saputo far altro che fargli i complimenti e ho pensato a quanta gente della sua età, nata da questa parte del mondo, con una laurea sulle spalle, porterebbe pizze a domicilio. Mio cugino che ha 18 anni lo fa. Ma non è contento.
Beh, quel ragazzo che non so nemmeno come si chiama e che mi ha lasciato col mento penzoloni e una sottile vergogna per la mia lenta e tranquilla laurea presa giocando a tennis e scrivendo, aveva gli occhi di chi sa lottare e di chi sa che un pezzo di carta non ti rende un uomo.
E ho pensato che ci sono molti italiani con la capacità solo di fare consegne a domicilio che invece stanno in posti molto più importanti, più tranquilli, a fare lavori che non li costringono a portare il culo a spasso in moto, alle otto di sera, per consegnare una pizza a gente come me che non ha voglia di farsi da mangiare o di uscire per andarsela a prendere da solo.

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