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14 aprile 2003
Avvertenze e modalità d’uso
È un post ad personam. Privato e personale. Denso e melenso.
Astenersi perditempo.
Sto pensando alle parole.
Sto pensando a quello che vogliono dire e a come vengono fuori. Sto pensando che il tono delle parole, l’inflessione, la posizione delle sillabe, la vocee che sale e scende e non resta sempre piatta e dritta, beh, qualcosa vogliono dire. La voce – e le parole – non sono fatte per essere atone, perché le parole sono emozione.
È bello ascoltare le tue, perché ti assomigliano. Posso capire come stai anche solo dal tono della voce, dal modo in cui dici pronto o in cui ti incazzi con l’idiometra di turno che tenta di passarti a destra al solito incrocio. Basta ascoltare se il tono sale, rallenta, si ferma per un attimo e poi prosegue. Quello è il tono delle giornate buone. Come una pallina che sale su una piccola salita e resta appesa un momento prima di continuare a correre. Come una nuvoletta di profumo che esce dal vapos e poi, piano piano avvolge lo spazio che le sta intorno.
E lo stesso tono ce l’hai quando scrivi. Che non ho letto tante cose, ma hanno lo stesso tono della voce. Ci sono quelle tristi, quelle che si piegano un po’ all’ingiù, come la testa dei tulipani che non ce la fanno a tirare avanti. E tu sembri un po’ un tulipano, con quei colori splendidi e quella testa alta che sembra guardare il mondo. Un bellissimo tulipano fragile fragile eppure fortissimo.
Poi ci sono le cose buffe e scanzonate, divertenti, quelle che sono proprio come sei te. Quelle che vengono fuori di pancia e che assomigliano all’odore del pane e alle corse dei bambini in cucina mentre la mamma fa la sfoglia e non è poi così male impiastricciarsi di farina e ciuffare il ripieno. Sono come i gesti di Benigni, quelle cose lì. Buffe a guardarle eppure semplici e sincere. E se ci guardi sotto, se ci pensi un momento sopra, allora ti accorgi che c’è qualcosa dietro.
E poi c’è il silenzio. Che non ha un colore e non ha nemmeno un tono. È solo grigio. Ma non come il grigio che è un colore. Ma come il grigio di un pensiero triste. Qualcosa di opaco che avvolge le mani e gli occhi. Qualcosa che assomiglia al velo della cataratta sugli occhi della mia bisnonna. Un po’ come se i tuoi pensieri non si facessero vedere. Un po’ come se tutto restasse nascosto. Un colore che conosci solo tu, che è solo tuo. E che delle volte non è nemmeno un colore.
E invece la tua voce è fatta di colori e non sono mai bianchi o neri.
E la tua voce è fatta di desideri, quando assomiglia a un filo sottile di cui non cogli i movimenti e quando è una sfumatura di colore che allunga le vocali, le stira, come i bimbi la mattina presto.
È così che funziona e se ci pensi, anche solo un momento, anche solo un attimo prima di dargliela su, allora ti accorgi che è vero.
Perché la tua voce è fatta di te e le tue parole sono fatte di voce.
Anche quelle che scrivi e che spero vorrai scrivere con me.
Anche quelle che pensi e che un giorno verranno fuori.
Come le dita sottili dei bambini che si aggrappano alle mani dei grandi per attraversare la strada.
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